Questa volta non mi freghi Aaron; questa volta sono pronto.

Un solo ascolto, un unico ascolto; e provo a buttar giù qualche riga sull'esordio dei Sumac del Febbraio 2015.

Un lavoro raggelante, che preme, che compatta, che schiaccia.

Ti riduce in polvere, ti annienta, ti piega in due, ti spezza.

Un intro ed un outro strumentali; in mezzo quattro bordate che non finiscono mai da tanto imponenti, ossessive, mastodontiche.

Gli Isis più cupi degli esordi che si scontrano con la tribalità dei Neurosis e la grezza ferocia della Carne di Dio (sempre siano lodati i Godflesh).

Suoni costruiti in modo da ripetere all'infinito lo stesso riff di chitarra; una sei corde messa al di sopra degli altri strumenti.

Basso e batteria costruiscono intorno un livido tappeto ritmico che crea ulteriore danno.

Dannosi, esasperanti, inquietanti Sumac.

In produzione si avverte la presenza di Kurt Ballou dei Converge.

La copertina è uno schizzo di sangue che imbratta e sporca la scena.

Ed infine la voce; o per meglio dire il growl così denso, malvagio, tremendo. Da viaggio nelle catacombe capitoline.

Sono alla fine dei 13 minuti e 41 secondi della title track, penultima traccia.

Mi arrendo, non riesco ad andare oltre; non riesco ad ascoltare l'ultimo brano.

Ho sete, ho paura, sono stanco e devo fermarmi subito.

Sogni d'oro GenitalGrinder.

Diabolos Rising 666

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