Lubbenau, Foresta della Sprea, 1945 - E’ notte fonda, si accendono le luci su una casa immersa nel verde. Una bambina bionda (Christa - Nico), in piedi vicino alla sua mamma (Grete) guarda in lontananza e vede un’immensa luce rossa.

Christa Chiede: “Cos’è quella luce, mamma?”, la mamma risponde: “E’ Berlino, tesoro, che brucia”.

Nero.

Nico, 1988, il titolo sembra illuminarsi delle luci variopinte di una città.

Nero.

Ibiza, 1988: La luce del sole illumina tutto il paesaggio che si vede da una casa sul mare. Dentro la casa, Nico fuma. Si volta e dice al figlio: “Ari, io esco, prendo la bici”.

Imbraccia la borsa, butta la sigaretta e chiude la porta.

Nero.

I titoli di testa da bianchi vengono nuovamente illuminati dalle luci della città e si alternano, sulle note di These Days, con delle immagini che mostrano scorci di New York, ai tempi della factory di Andy Warhol.

Nero.

Manchester, 1986: “Siamo in compagnia della femme fatale di Lou Reed”, dice il deejay; Nico risponde: “No, non mi chiamare così, mi dà fastidio.” “Allora, ci racconti qualcosa di quando cantavi con i Velvet Underground?” - “No, non voglio…”

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Chi è diventata Nico nel 1986?

Il film ritrae una donna adulta e un’artista indipendente, con una vita problematica: in particolare, la dipendenza dall’eroina, da una parte, la lontananza da Ari, l’amato figlio avuto con Alain Delon, dall’altra. Il passato ha infatti lasciato le sue tracce, ma lei non è una reduce: mentre gli altri parlano del suo passato, lei guarda al presente e al futuro.

In conformità con questo tratto della protagonista, la regista, Susanna Nicchiarelli, sceglie di raccontare solamentee gli ultimi tre anni di vita di Nico e di riservare al luminoso passato dei brevissimi flashback: questi non sono più che ricordi lontani nella memoria e nell’animo della protagonista. Inoltre, rifiuta la narrazione tipica di tanti biopic, fossilizzati nello schema di ascesa e caduta dei protagonisti, e ne preferisce uno che non abbia né una direzione ascendente né una discendente, ma un andamento ondivago.

La telecamera segue la protagonista - interpretata da Trine Dyrholm - da quando Nico si trasferisce a Manchester. Da lì la osserva mentre con un piccolo pulmino viaggia dalla Francia all’Italia, dalla Repubblica Ceca alla Germania. Colleziona migliaia di concerti, accompagnata dai suoi manager, dalla sua band e - dal 1987 - dal figlio Ari. Durante il viaggio, i problemi di Nico e di chi la circonda fanno gran parte del film: le crisi di astinenza di Nico e di altri compagni di viaggio, i sentimenti incerti e instabili che inevitabilmente nascono tra loro, i problemi di viaggiare in tour negli anni ‘80 in un’Europa ancora divisa, vengono osservati senza pietismo.

La macchina da presa segue gli attori, il montaggio è lento, i dialoghi sono ricchi di pause e danno il tempo di concentrarsi sui loro visi: tutto ciò contribuisce a dare profondità ai personaggi e a creare uno stretto legame tra loro e lo spettatore.

Le luci fredde, la colonna sonora di Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo e la scenografia immergono in un contesto che appare crepuscolare in simbiosi con la storia della protagonista.

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Al funerale di Christa non partecipò realmente nessuno dei sopravvissuti dei suoi anni parigini e newyorkesi: il film li tralascia e diventa così un delicatissimo omaggio all’artista e alla donna che divenne dopo, quando le luci della ribalta per lei si spensero.

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