Sin dall’esordio, ciò che di primo acchito ho percepito nei Suuns è una certa abilità nel tendere particolari intrecci dissonanti fino all’eufonia; in effetti, se una nota è storta a dovere basta farla ambientare, perché suonerà sempre bene nella propria dimensione; ed è qui che i sooli sanno spesso eliminare l’ossimoro, perché nonostante tutto il biglietto di ingresso parrebbe agevole: rock elettronico con gradevole dose di psichedelia dal timbro moderno, ragionato, e forse un po’ pettinato.

Guardando un pelo indietro, precisamente nel 2020, la musica ben dimostra come questi giovini si siano affermati tra le amalgame di rock ed elettronica; con Hold/Still, targato 2016, mostrano un’estetica opprimente ed ancor più kraut delle precedenti uscite, che evolve la loro musica come un sentiero che si allarga pur rimanendo rettilineo; in questi musei di suoni minimali anche le melodie dai sentori pop finiscono per deformarsi in aspre sequenze claustrofobiche.

Paralizer

La contemporanea essenzialità e moltitudine dei dettagli sembrano snellire ancor più il loro stile già di per sé levigato: motivi scarni che lungo il percorso vengono perturbati, sembrano moltiplicarsi formando un labirinto di pareti trasparenti

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Scritto un po’ come un testo pieno di segni di interpunzione, il disco intero sembra perennemente girare attorno al discorso, senza dare una sensazione di picco, citando però bene i riferimenti, vedasi certi Pink Floyd lacerati dal noise che pregano sulla sedia elettrica:

Brainwash

Alla fine è un interesse naturale quello che ho maturato per questi brani, forse colpito dalla facile stranezza che ogni tanto mi suona sinonimo di originalità ed ogni tanto no, però ai loro concerti ho sentito solo good vibrations, quindi bien.

LP

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