Orfani delle tenebre, volenterosi amanti dell'abisso, mi rivolgo a voi.
I cigni sono tornati.
Sono tornati dalle pianure desolate del sogno, scuotendo via fiumi di nafta e fango dalle ali polverose.
Non c'è più la Signora. Non c'è più Lilith, la dea. Non c'è più Jane Jarboe.

Non è stata la morte a separare i cigni, ma un più prosaico divorzio, la fine di un rapporto sentimentale e creativo che ha trascinato la band, per più di dieci anni, nell'oblio. Buon futuro, Jarboe. Non posso dire che la tua assenza non sia pesante, sarebbe uno sberleffo immeritato. Ma posso dire che, nonostante o grazie a questo vuoto immenso, emotivo e artistico, gli Swans volano altissimo.

C'è ancora Michael Gira a guidarli, a condurli come un tristo nocchiero lungo fiumi di ruggine e catrame.
Lo vedo ritto a prua, un capitano Achab in cerca dell'ombra bianca che lo ucciderà.
Somiglia a un Jim Morrison all'inferno, a un Leonard Cohen gettato a capofitto tra le lamiere urlanti di un mostruoso incidente stradale.
La sua voce, solo un po' invecchiata, scolpisce blues deformi ("Reeling the liars in") e talvolta ritrova i toni di piombo e ossidiana del tempo andato, quando con il side-project Skin portava con sè nell'abisso il rock and roll.

Mentre scorrono i brani mi perdo in una trance fluttuante, e la mente scivola, si popola di un corteo di fantasmi inquieti.
Penso a Elvis grasso e malato, i vestiti adorni di lustrini che marciscono con lui nel sepolcro di Graceland. Al guanto bianco traforato di Michael Jackson, corroso da larve di mosca.
Penso a Buddy Holly e The Big Bopper che precipitano in un campo di frumento, bruciando in un colpo solo l'innocenza del sogno americano.
Penso al fantasma gentile di Nico, ai Coil, ormai funerei compagni d'oblio, allo spettro danzante del diamante pazzo.
Penso a tutto questo, mentre l'onda investe e contagia, cancella e consola.

Si comincia con campane tubolari a festa spazzate via da clangori ardenti e tutto ritorna alla colonna sonora per ciechi, al live "Swans are dead", a quel triste 1998 quando i cigni decisero di morire.
"Nowords/No thoughts" è una sfera irta di chiodi, spazza via i dubbi, sono nove minuti di magnifica ossessione, la voglia disperata di un cambio di accordo che non arriva mai, la tensione che si accumula senza mai regalare quiete. Vortico, perduta nello spazio, gli occhi persi nella copertina adorna di stelle.

Sono gli Swans al loro meglio, non c'è alcun dubbio... mi stupisce solo una vaga sensazione di serenità sorniona, di voler piacere, che prima non avevo mai sentito. Una differenza sottile tra il vivere e il raccontare, che è l'unico, minuscolo limite del disco.
La sensazione che Gira abbia imparato, superandola, la lezione dell'ultimo Nick Cave su come diventare narratore d'incubi senza affondarci dentro fino al collo.

Ma è ben poca cosa, di fronte all'assoluto dei lampi furenti che illuminano gli scenari devastati di "My Birth" e "Inside Madeleine", di fronte alla calma apparente di "Jim", memore degli onirici Angels of Light, di fronte al gioco d'infanzia maledetto che Michael e Devendra giocano insieme in "You fucking people make me sick", acme emotivo del disco, fino a farlo esplodere in schegge rabbiose.

"My Father Will Guide Me Up a Rope to the Sky" è un'opera che affonda nei pensieri, creando cerchi d'ombra.
Immergersi sarà sorgente e gioia per i cuccioli dell'Apocalisse, per i pupilli delusi della Morte in Giugno, ormai perduta in un delirio solipsista.
Lasciatela precipitare in fondo all'anima, l'eco della sua caduta risuonerà a lungo.

Forse per sempre.

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