Bellissima sorpresa del 2003 questo “Appuntamento a Belleville” di Sylvain Chomet (ex fumettista e prestato con grande giubilo per noi al cinema d’animazione). Un film che ha fatto incetta di premi ricevendo onori a Cannes e persino il massimo riconoscimento del campo del cinema d’animazione al Festival di Annecy.
Un premio meritatissimo per la bellezza delicata dei disegni, con un tratto innovativo ma al tempo stesso debitore di una certa animazione di inizio secolo (non a caso i riferimenti ai primi anni 20 sono frequenti e per giunta funzionali alla storia). Ma se i disegni (lontani dalle rotondità e dai colori solari e puliti waltdisneyani) sono l’asse centrale di questo film, non da meno possiamo dire della sceneggiatura e della storia, davvero scritta in punta di penna in un susseguirsi di gag e battute (visive e verbali) da manuale.

Una specie di road-movie a tinte noir, ambientato durante il Tour de France (eh si, il nazionalismo dei francesi è una cosa leggendaria e ormai lo sanno tutti!) dove si narra le vicende di una nonna (madame Souza) che col fido Bruno (un cane furbo e scaltro) si mette in cerca del nipote (Champion) concorrente della gara, che è stato rapito durante la gara ciclistica più importante del mondo.
Un lungo inseguimento per mari (belle le scene della nave che attraversa l’Oceano) e per terra che porterà i due a unirsi a Les Tripplettes (un trio irresistibili di vecchie cantanti zitellone del Varietà ormai al tramonto degli anni 30, che in una scena rievocano gli antichi fasti con le citazioni caricaturate di Django Reinhardt, Josephine Baker e Fred Astaire… scena davvero superba!). Il gruppetto si metterà sulle tracce del ciclista rapito (assieme ad altri due puramente di contorno) da temibili manigoldi e che farà smantellare i loro sogni di dominio del mondo (un riferimento al nazismo dell'epoca è fin troppo evidente!).

Un film ineccepibile, a tratti spassosissimo che poco o nulla ha da invidiare alle commedie brillanti “in carne ed ossa” sullo stesso genere e che racchiude in sé una serie sconfinata di citazioni, gags imperdibili e idee brillantissime, calibrate e disseminate in maniera pressoché perfetta lungo l’arco delle quasi 80 minuti del film, con personaggi caratterizzati e memorabili (il cane Bruno, con la sua psiche “quasi” umana e le scanzonate Tripplettes in primis) ma senza eccessivi approfondimenti psicologici, del resto raramente affrontati in un cartone animato di questo tipo, anche se questa "freddezza" di fondo fa risultare "leggermente snob" il tutto.

Un film davvero bello, divertente e raffinato
, lungo quel tanto da non risultare faticoso o pedante e soprattutto, l’ennesima dimostrazione del fatto che il cinema d’animazione è finalmente uscito dal ghetto di “film per bambini” e che si può far portavoce di un certo modo di raccontare storie altrimenti impossibili da rappresentare con attori veri o in carne ed ossa.

Consigliato a chi ama un certo cinema d’animazione…

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