È uscito da pochissimo e non se lo sta filando nessuno... È il nuovo lavoro dei tedeschi Sylvan. Era prevedibile, tutto sommato. Stiamo infatti parlando di una band che nonostante il proprio modo di esprimersi sia meritevole di una qualche considerazione riceve decisamente poca attenzione negli spazi riservati al prog, che si dimenticano spesso di citare questa band quando si parla di neo-prog. Io però li ascolto da più di due anni ed attendevo non poco questo "Sceneries". Ma facciamo un passo indietro, neanche troppo indietro.

Gli ultimi due lavori, che rispondono ai nomi di "Presets" e "Force Of Gravity", sembravano volessero portare la band su territori più marcatamente pop. Infatti, sebbene mantenessero il sound delicato ed emotivamente espressivo dei lavori precedenti, presentavano (soprattutto "Presets") canzoni dalla struttura più semplice e concisa, molto più strofa ritornello, rinunciando ad inserire passaggi particolarmente sofisticati e soluzioni tipicamente più prog. Pertanto l'attesa del nuovo album poteva creare, a chi conosce la band, qualche perplessità, facendo temere che la band si fosse definitivamente incanalata su territori più "easy".

"Sceneries" invece mette da parte questa parentesi e riporta i Sylvan a strutture più sofisticate e a brani più articolati. Quello che avrei voluto, diciamo. Mi è piaciuto molto sentire anche il lato più easy dei Sylvan ma ritenevo dovesse essere solo una breve parentesi e volevo appunto un ritorno a strutture più prog. Questo disco non solo li riporta a strutture più articolate ma esagera addirittura: infatti si tratta di un doppio cd composto da sole suite! 5 lunghe suite, suddivise in movimenti, che contengono tutti gli elementi tipici del Sylvan sound: le parti delicate di chitarra, gli assoli carichi di sentimento e mai tecnici, le soffuse parti di tastiera e si nota anche una certa insistenza sulle accarezzanti parti di pianoforte e sugli arrangiamenti orchestrali, indirizzando spesso le sonorità verso un rock sinfonico. Ancora una volta esaltante la prestazione vocale di Marco Glühmann, che considero uno dei cantanti più espressivi della scena, e so bene quello che sto dicendo! La sua voce appare come al solito molto sofferta, vibrante, drammatica, quasi depressiva, sembra quasi esprimere un disagio. Si può qui di dire che i Sylvan siano tornati a quel prog introspettivo, intimista e delicato che caratterizzava i loro lavori migliori, ovvero "Artificial Paradise", "X-Rayed" e "Posthumous Silence" (il periodo più ispirato della band, dopo gli inizi più dichiaratamente neo-prog). C'è però da dire che i suddetti dischi mostravano una maggiore originalità nelle soluzioni, forse per la maggior attenzione prestata ad alcuni passaggi ed effetti di chitarra e ai suoni di tastiera, mentre qua si ha l'impressione di un impercettibile calo di ispirazione, si sente un po' la mancanza di certe particolari soluzioni chitarristiche. Per tali motivi lo considero leggermente al di sotto dei lavori citati.

Ma il disco regala comunque 90 minuti di emozioni forti ed il suo sound come sempre molto intimista è consigliato a chiunque voglia ascoltare qualcosa che faccia magari riflettere sulla propria vita, le gioie, le delusioni, i momenti difficili, gli ostacoli in cui ci si imbatte... L'unica cosa che rimprovero... è la scelta di spezzare le suite in tracce audio. È una scelta che reputo infelice perché a mio avviso tende a rompere la continuità e la scorrevolezza di ogni singola suite, nonché le rende difficili da seguire. Pertanto vi consiglio, se avete l'apposito programma per editare le tracce, di unire le tracce che compongono ciascuna suite in modo da avere 5 file audio corrispondenti a ciascuna delle 5 suite ed ascoltarle così senza essere disturbati dalla scomoda e distrattiva frammentazione. Purtroppo non lo vedrò molto spesso nella lista delle uscite del 2012, probabilmente continueranno a ignorare questa band... Ma io intanto me li ascolto e li consiglio!

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