Compositrice di origine svizzera, poi trasferitasi a New York, dove attualmente risiede, Sylvie Courvoisier ha sempre fatto della ricerca applicata al pianoforte (o alle tastiere) il proprio marchio distintivo, sia quando ha operato in veste solista (come nel caso del qui presente disco), sia quando ha affiancato o è stata affiancata da altri musicisti, come nel progetto Mephista (con Ikue Mori e Susie Ibarra) o in Abaton, con Mark Feldman e il violoncellista supremo Erik Friedlander.

In "Signs And Epigrams" la Courvoisier si cimenta in dieci esplorazioni diverse del sound generatosi attraverso l'utilizzo del pianoforte con fini cangianti; infatti, al di là di un'impostazione strumentale che tende a privilegiare la sperimentazione e l'improvvisazione, a mutare sono proprio gli stili e i generi indagati nelle composizioni. A fronte di brani in cui a prevalere è una lettura neoclassica, cameristica o avanguardista, e in linea di massima "tradizionale", vi sono altri pezzi in cui l'approccio è più radicale e le trame sonore si spingono a lambire una certa forma di industrial (ovviamente di filiazione pianistica), ma anche azzardando soluzioni ben più coraggiose, come quando lo strumento viene manipolato, come lei stessa dichiara, al fine di riprodurre quello che potrebbe essere il suono di un'orchestra materializzatasi all'interno del pianoforte.

Tra cambi di tecnica strumentale, iterazioni strutturali, soluzioni tonali, scale dinamiche mutevoli e una voglia indiscutibile di spingersi oltre, si giunge al termine di un album che cerca di coniugare ascolto e ricerca, ma non sempre riuscendo pienamente nell'intento.

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