In certi casi è difficile descrivere quello che si prova - intendo, nello scrivere di dischi del genere. Con le dovute distinzioni del caso, direi che mi sento come un presentatore di Telemarket/sezione arti figurative: sono le due di notte appena passate, sto parlando da tre ore o giù di lì e la sala è ormai vuota, perché i quadri sono stati tutti prenotati. Tutti, o quasi. Ne è rimasto ancora uno, lì in fondo, quasi all'angolo. E' un quadro poco vistoso, per nulla telegenico, sarà un 40 X 30 - non di più. Non richiama l'attenzione di nessuno, tant'è che in studio regna il silenzio; il telefono non squilla, nessuno più chiama per prenotare, perché l'artista è magari l'allievo dell'allievo dell'allievo di un amico del cugino di Mario Schifano e non se lo fila nessuno. E io che devo trovare le parole giuste per abbozzare una descrizione, per attirare l'interesse di un cristo qualunque che magari soffre d'insonnia e mi sta ancora a sentire.

Ora: io non vendo nulla, semmai PROMUOVO - se mi passate il termine - e dello storico Elefante non sono che un abituale frequentatore. Ma il disco che promuovo è un po' simile a un quadro del genere: un potenziale disco da 2, 3 commenti massimo su Debaser. E allora, direte voi, che accidenti ne parli a fare...? Ne parlo, rispondo io, perché ne vale la pena. Ed è un prodotto-TZADIK, per di più. Sentito...? Solo aggiungendo un dettaglio del genere si potrebbe arrivare ai 5/6 commenti, e qualcuno in più starà sin da ora con le orecchie tese. Altri invece se ne terranno alla larga, altri diffideranno già dalla copertina nel timore di aver di fronte l'ennesima bufala orientale travestita da (finto) capolavoro. E allora anticipo: questo disco non è un capolavoro. Ma la musica in esso contenuta è qualcosa di unico al mondo. E se non unico, se anche al mondo c'è qual altro che somiglia a queste due signore, di sicuro è particolarmente raro. Se non ci credete, proseguite pure la lettura.

"Syzygìa" vuol dire "coppia", in greco. Ma di coppie così non è poi così facile trovarne. Fiore all'occhiello della serie "New Japan", il duo nato negli anni '80 dall'unione di Hiromi Nishida e Hitomi Shimizu fa qualcosa che esse definiscono "pop microtonale". Violinista la prima, laureata in composizione la seconda, autrice di colonne sonore per televisione e giochi elettronici, e soprattutto organista; solo che non utilizza un organo qualunque, ma l'organo a 43 TONI elaborato da Harry Partch. Che emette un suono eccezionalmente acido, psichedelico, bizzarro al limite del lunatico. E il suo amalgamarsi col violino produce una mistura sonora ancor più inusuale, perfetta per quadretti pop melodici ma anche per psicotiche deviazioni di rumorismo atipico. Le Syzygys muovono i loro primi passi a Tokyo, quando ancora è la metà degli anni '80; e la loro "ardita" combinazione di violino e organo microtonale resta sotterranea a lungo, finché Zorn non raccoglie le composizioni della coppia, sparse qua e là in una diaspora di singoli ed EP, e fa pubblicare un "Complete Studio Recordings" che a tutt'oggi resta il primo passo, per chiunque voglia avvicinarsi a loro. 

Quasi in contemporanea esce questa chicca, che altro non è (facile capirlo dal titolo) che una registrazione live risalente al primo periodo delle Nostre, tutt'ora in attività nei periodi di "riposo" della Shimizu - o più semplicemente, quando quest'ultima ne ha voglia. Il disco è strutturato come la Settimana Enigmistica: si parte con giochi facili, di puro intrattenimento, e di pagina in pagina la difficoltà aumenta fino ad arrivare a momenti più difficili e ricercati. In altre parole: Hiro ed Hito si riservano il meglio per il finale: all'inizio ti fanno credere che il loro scherzetto microtonale sia una cosa accessibile a tutti, e col passare dei minuti ti spiazzano con quadri strumentali complessi, dal potenziale "psicacogico" ben più massiccio. Il tutto con l'aiuto di session-men, per ovviare alla strumentazione mancante: sonorità perfette, pulitissime e ben rifinite, tanto che sorgerà più di un dubbio sulla veridicità del live, o comunque sulla possibilità che gli altri strumenti (a cominciare dalla batteria) siano stati sovraincisi poi. Ma tutto ciò interessa relativamente...

...perché c'è solo da godere della varietà di un suono che spazia dgli echi beatlesiani di "Niva" alla stupid song "Eyes On Green", dal quasi R'n'B di "Suicide On A Fine Day" agli assolati sfondi caraibici (trapiantati nel Sud-Est asiatico) di "Fruits Of Passion". Abbozzando un incerto "cha cha cha pastorale" sotto una leggerissima "pioggia di loto", a metà tra un inclassificabile esemplare di folk non così prossimo alla California, ballate sbilenche e una bossa nova per giapponesi in vacanza. Rischiando anche di perdere la testa fra le dissonanze e le scale isteriche di una "Syzygy Rider" che richiama i Lounge Lizards, o nei crescendo allucinanti e vertiginosi di "Abyssinian Cat". O, se ancora preferite, nei cinque minuti inarrivabili della conclusiva "Fonce", "strascinati" in un marasma di suoni distanti e spettrali...

 

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