Con questa recensione si aprirà una lunga sfilza di approfondimenti musicali di band emergenti semi-sconosciute a cura di ... beh, me medesimo. Bene, iniziamo allora, che dite ?

I Tacita Intesa, di Arezzo, sono una band di prog ... anzi no, rock elettronico con sonorità progressive ... di sicuro degna di nota.  Già dalla prima traccia Ciutikutown emerge non solo una passione forte per i nomi strani ma anche ricerca sonora non da poco. Il pezzo infatti si apre con un synth roco e un arpeggio sottile di chitarra che innestano prontamente un mood un po' oscuro che rimanda a King Crimson e Van Der Graaf Generator, a cui si aggiunge prontamente la voce di Alessandro Granelli, leader del complesso. Alcuni passaggi di questa prima canzone, specie per quanto riguarda i synth, sono veramente ben azzeccati. Verso la fine i nostri ci regalano anche un pseudo assolo di basso di Thomas Crocini che spezza il tema e regala attimi di puro godimento.

Daigo, la traccia più breve dell'LP, è una semplice, quanto efficace, prova di tema tastieristico alla Locanda delle Fate ma prima che ce ne si possa rendere conto ecco che parte Valzer della Morte che, ben cadenzato, si fa subito apprezzare per una buona intesa (gioco di parole involontario hehe) tra chitarre e tastiere ed una melodia ben imprimibile nelle regioni più oscure della mente. Tuttavia da qui in poi si inizia a notare che le doti di canto del frontman non sono di certo tra le migliori, tuttavia niente di inascoltabile tipo i Laser ... li conoscete i Laser vero ? Meglio così, non cercateli neanche. Poi di nuovo uno stacco di solo synth e sì, questi ragazzi sanno come si struttura una canzone evitando la noia.

Portmanteau si avvicina moltissimo alla scena '70 progressiva nostrana, anche grazie ad alcuni accorgimenti ritmici e all'alternarsi di velocità e "rilassatezza" nel momento in cui inizia Corona, e riecco gli echi della Locanda delle Fate. E qui si sente tanto, sia a livello di musica che di liriche (e di come queste sono cantate).

Terzo rigo, Quarta parola rimette sul tavolo le carte, infatti questa è un po' troppo anonima rispetto a quanto l'aveva preceduta, tuttavia si fa apprezzare per la sua vena Hard Rock romantica. Il tutto si chiude con il mio brano preferito del gruppo, tal Periodo Refrattario che inizia con una scala dai suoni impressionanti e sospesi. Ma chi riesce a trattenere orgasmi e sudori può arrivare anche a notare nette influenze dal primo periodo di Oldfield nelle prime vere note (quella forma inciso ripetuto che tanto mi piace ascoltare nelle chitarre), qualche richiamo agli ELP e un rumorone che pian piano, crescendo, disfa la melodia e come per i Daft Punk di Contact duella con le dita del tastierista Daniele Stocchi che però, al contrario della canzone del duo inglese, vince e chiude in bellezza il disco.

Insomma, musicalmente un buon album d'esordio, una bella copertina, un autoproduzione ben riuscita fanno di tutto questo un album da ascoltare soprattutto per chi appassionato della scena più romantica del prog italiano, da cui quest'album, come ho già più volte detto, attinge a piene mani, riuscendo però a mantenere una sana dose di originalità.

8/10 mi urlano dalla platea (del mio cervello) e otto su dieci è proprio il voto che darò, sperando in futuro di sentirne un seguito.

Ah e non vi ho ancora detto la cosa più bella. Hanno messo l'album in download gratuito sul loro bandcamp.

Cosa, state ancora leggendo ?
Ma guardate che la recensione è finita.

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