Tutti a cacare il cazzo con Kill Bill di Tarantino poi Kitano in contemporanea fa questo e... silenzio. Eloquente.
Un conto è raccontare di spade, un conto è essere "spada". Colpo parata affondo e finisce lì, telecamera ferma, l'azione si dipana in pochi attimi. Ed ancora meglio: si filma il buio dell'azione, si spegne la candela e si riaccende per raccogliere mani e parti anatomiche tagliate dal pavimento e ammirare gli sbreghi su schiene e addomi, altro che "il segno di Zorro".
Come Tarantino monta una pippa con inverosimili schizofrenici movimenti, Kitano oltre a dinamicizzare l'azione in una veridicità biomeccanica ci infila dentro la tragedia greca con gli occhi a mandorla sintetizzando al meglio la vecchia saga del massaggiatore errante.
Le scazzottate, per chi le ha fatte, durano l'attimo che durano, due, tre colpi ed è finita lì, o uno va per terra o ne prende e si dà o si è interrotti dai compari, ma il tutto dura sempre un respiro. E gliela "cionca" quella mano Zatoichi, gliela cionca.
L'anarchia della vendetta propinata dall'hollywoodiano è una bella fuffa. L'anarchia non programma azioni, aspetta vigile il momento del dispensar divino. Zatoichi con la fortuna della cecità ci fa vedere che la vista è ingannevole e facendo virtù della menomazione tana le miserie del creato mettendo in riga tutte le ego-rétine e le viviseziona letteralmente col suo letale bastoncino di bambù, curando pure qualche astigmatismo congenito al posto del laser, neanche fosse Goemon di Lupin III.
Risolviamo così la perdita di tempo su quei ridicoli passatempi cinematografici convulsi nella loro inettitudine, il nippo ci dà un "taglio" con la katana di lama dritta a doppio taglio che all'usufrutto coinvolge i due emisferi cerebrali, stimolati ulteriormente dall'apparizione di due misteriose geishe.
Beat Takeshi non mette neanche in conto Rashomon dove il misericordioso Kurosawa faceva cronaca di realtà distorte, qui non perde tempo ed in una pura estaticità risolve nel distacco tutti i ronzii che guidano Zatoichi nella vittoria impersonale, compreso inciampo finale.
E la chiusa "all together" del balletto, quel tip tap irresistibile che trasversalmente omaggia il maestro di gioventù Senzaburo Fukami, esorcizza le interpretazioni che ognuno di noi ha sulla commedia umana: siamo tutti sulla stessa barca rega'... Volemose bene.
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