Molte volte la loro fama viene oscurata dai grandi "giganti" del rock inglesi del periodo tipo Zeppelin, Purple o Sabbath, ma i Ten Years After, capitanati dal grande e purtroppo scomparso da poco Alvin Lee, la "Chitarra più veloce del Rock 'n Roll", non sono assolutamente da meno in quanto a bravura e a spettacolarità, e questo doppio album ne è la testimonianza più sincera.

Questo live venne registrato dalle date che i quattro musicisti inglesi tennero nel febbraio del 1970 al mitico Fillmore East di New York, locale storico che ospitò nella sua breve vita i concerti dei più grandi di sempre, da Hendrix ai Fratelli Allman, dai "Mad Dogs" di Joe Cocker ai grandi della West Coast come Janis Joplin. Non era la prima volta che Lee e soci suonavano in questo mitico posto, la prima volta fu nel 1968, dove aprirono i concerti dei Stample Singers e dei Big Brother & The Holding Company di Janis Joplin durante una delle loro prime turnèe americane, portando il loro mix di rock blues, psichedelia e boogie dall'altra parte dell'Atlantico e facendosi conoscere al pubblico americano.

Nelle serate del 26, 27 e 28 febbraio la band era headliner, supportati da John Hammond e Zephir (dove suonava il giovanissimo Tommy Bolin, poi futuro Deep Purple del dopo Blackmore). Sostenuti dal calore dei fans, i TYA fecero dei grandissimi concerti, con una scaletta ricca di grandi canzoni dei dischi precedenti, improvvisazioni e qualche nuovo brano che finirà nell'album "Cricklewood Green" in uscita lo stesso anno. Il concerto si apre con un grande classico della band, "Love Like a Man", che inizia in sordina con un riff blueseggiante per poi sfociare in un veloce e spettacolare assolo dello stesso Lee, vero simbolo del gruppo. La band si muove sicura e compatta, Alvin ringrazia la folla entusiasta e si lancia in altre interpretazioni potenti e decise come "Good Morning Little Schoolgirl" dilatata a dismisura e la boogie-based "Working on the Road", dal sound molto west-coast. Nella successiva "The Hobbit" è il batterista Ric Lee (nessuna parentela con il frontman) che si scalda le mani con un interminabile assolo, lasciando riposare il resto della band; un assolo che lascia i presenti senza fiato per una dozzina di minuti buoni..

A mio parere ottima la blues-psichedelica "50000 Miles Beneath my Brain", altro brano storico che vede un interminabile assolo di un Alvin Lee nel pieno della forma, supportato da un preciso Leo Lyons a cui tocca il duro compito di star dietro alle improvvisazioni del leader, compito svolto al meglio e completato dall'ottimo lavoro nascosto ma efficace del tastierista Chick Churchill. Il chitarrista tira fuori veloci fraseggi di chitarra ed improvvisa inoltre sui riff di due grandi classici del periodo, "Sunshine of your Love" dei Cream e "Purple Haze" degli Experience, dimostrando di essere all'altezza di calibri come Clapton e Hendrix. Dopo tanto rock blues la band vira sui grandi classici del rock 'n roll, dando vita ad elettrizzanti cover di Chuck Berry, come "Sweet Little 16" e la velocissima "Roll Over Beethoven" che sono ovviamente accolte con grande entusiasmo dal pubblico americano. "I'm Going Home", vero e proprio cavallo di battaglia della band inglese è di una freschezza disarmante ed ingloba anche un altro grande classico di Berry, "Johnny B. Goode". Dopo aver salutato il pubblico, i nostri rientrano subito sul palco, concludendo lo show con "I Woke up this Morning", lento blues ipnotizzante e la storica "Spoonful" del loro grande idolo Willy Dixon.

Quest'album rappresenta forse uno dei punti più alti della carriera della band. Vivaci, frizzanti e molto precisi nelle loro esecuzioni, un grande gruppo che ci lascerà ancora per qualche anno delle grandi canzoni e dei grandi album, per poi scomparire fino almeno a fine anni '80. Come dice nelle note di copertina il batterista Ric Lee, questo è il punto più alto nei live raggiunto dalla band, ascoltare per credere..

 

Carico i commenti... con calma