Il fatto sta è che per avere una resa così incandescente-assente certo che si è passati da tribolazioni filmiche trentennali, palestra insindacabile per avere un'idea, almeno alla lontana, di cosa significhi eternità. La mise en scène come fosse un teatro estraniante è anch'essa la forza del film che annoia all'eternità in giusta maniera, mischiando il passato e il futuro specialmente nei colori, tra l'abbandono di leccate a stivali texani di oligarchi russi.
E si vede l'arrendevolezza di Gilliam dove nel "lasciarsi andare", di precedenti esperienze abbandona la seriosità di una satira e una canzonatura della vita un po' troppo costruita, un po' troppo ricercata e dove trova sincera assenza nel girare una pellicola che per tanti anni si è sottratta all'esser girata, dove l'apriti sesamo scaturisce da epurazioni di volontà e dove coglie l'essenza del Quijote, non più bislacco, quando ci invita a ricominciare tutto diversamente, continuamente. Quella è la retta via, quella tendente all'infinito.
Ed è proprio del senza fine che la pellicola fluttua, invece di girare sul rullo del proiettore. L'eterno ritorno di Don Chisciotte (col Panza intercambiabile) è il ritmo divino invisibile che tiene in piedi tutta la baracca dell'esistenza. E l'hidalgo, nella sua omnisciente mattitudine, ha sempre ragione: i mulini sono orchi? Ha ragione lui, come perché il corvo è uno scrittoio. Perciò la razionalità vampiresca del sistema lascia il tempo che trova perché Don Chisciotte è solo poesia, ed è sempre reale perché poesia.
L'assenza dal convenzionale senno ci fa sfiorare che cosa significa quella carta non numerata degli arcani maggiori dove solo il "folle" è in grazia di Dio, dove il velo maya è "taroccato" concedendo visioni sul mondo reale. Rimane così il luccichìo di polvere di stelle insieme alla polvere normale dei deserti, perché le battaglie del segaligno cavaliere sono tutt'altro che immaginarie, è solo che noi, privi di vista psichica, non le vediamo oscene come la realtà sa di essere.
D'altronde la dieta è a base di raggi solari che illuminano i luoghi oscuri del basso astrale che con le loro possessioni cerca di sussurrare inferno sulla terra, ma questa è la sua parte nella "Commedia" terrestre: lo "stomaco" ce lo mette Sancho. Essere meravigliati dall'invisibile scoperchiato ci sta, il blasone mistico è il basamento per iniziare a constatare che il bilinguismo binario che ci circonda non è proprio tutto quello che vediamo con la visus canonica, anzi è il Minima Moralia per partire ad eliminare quei paraocchi che "Ador(na)no" le capocce.
Ed ecco qui l'enorme portata di un messaggio di fede che apre a scenari dove il filosofo, il mistico, il profeta, il carismatico, il paranormale, sono tutti Don Chisciotte; dove i quattro cavalieri dell'apocalisse sono Don Chisciotte; dove il crocicchio dell'eterno errare del nostro eroe è immobile in un punto di gravità permanente dove le frecce delle indicazioni ti portano non all'esterno ma all'interno del viaggio; dove i colori dell'arcobaleno li puoi sentire, e dei colori fai anche tu parte; dove c'è il quinto elemento.
E comunque non più Giano bifronte, con le sue limitate vedute, ma Brahman assoluto con le sue quattro facce che onnipervadono, dove dimora la visione periferica che ci fa capire carnalmente che sono i particolari che fanno l'opera d'arte, dove l'inaspettato è di casa per nutrirsi sempre di verità. E l'abbocco ad un'insensatezza a noi latentemente familiare ci calamita in visioni che fanno sbarellare le nostre sicurezze, i nostri diplomi, dove già rimanere a vedere dove si andrà a finire lancia una sfida a noi stessi nell'iniziare a mettere in conto che non necessariamente si deve andare a parare da qualche parte, dove lo spettro visionario non ha limiti. Tutti nel profondo sanno dove sta la verità, quasi tutti non sono in grado di accettarla.
Il "salto" è sottrazione che determina acquisizione trascendente, il resto Mancia. Se uno soffre nel rinunciare a qualcosa esterno a lui c'è ancora ego, ancora vanità personale. Don Chisciotte ci trasporta in lidi dove non c'è appiglio e nel senza pensiero tutto accade senza l'inganno del libero arbitrio. E la presenza dello scudiero scaccia divinizzazioni, santificazioni e estasi depistanti dalla retta via, perché è vero che non siamo questo corpo, ma siamo qui, in groppa ad un somaro.
E così Don Chisciotte risolve anche il percorso spirituale dove ha superato anche l'essere esoterista e tutti i ninnoli simbolici che esso comporta. L'annullamento del piano temporale risolve anche l'annullamento del fantasma dello stesso QuiXote, ed è per questo che lì c'è il "per sempre".
Cosa altro aggiungere sulla insonne perfezione?:
"Volevo raggiungere la città a sud, della quale si diceva nel nostro paese: Là c'è certa gente! Pensate non dormono!
E perché no?
Perché sono matti.
I matti non sono mai stanchi?
Come potrebbero essere stanchi, i matti?" (F. Kafka)
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