L'avanguardia e il minimalismo sono una linea dritta, dove a un certo punto, si tenda ad arzigogolare il tutto.

Un pò come un cielo sereno contornato da nuvole, nuvolette e voli pindarici di stormi. Il vento. Proprio quest'ultimo ci assalta la faccia e le orecchie quando tutto si fa più contorto. E' strano definire la motivazione di fare musica scontata. Lydia Lunch disse che preferiva bere lamette invece che acqua, paragonando quest'ultima alla sensazione che si ha quando si ascolta canzoncine leggere.

Il minimalismo si contrappone alla ricerca di uno standard che prevede intro, strofa, bridge e finale. Si preferisce lavorare la stessa trama arricchendola lentamente di spunti eccezionali.

Terry Riley è il guru e il profeta di tutto quello che verrà concepito dalla fine degli anni Sessanta arrivando fino agli Stereolab o agli Air. La titletrack è il manifesto del genere. Giochi, scherzi, momenti celestiali e cupi dialogano liberamente in questi diciotto minuti. Non è virtuosismo fine a se stesso. Non c'è nemmeno l'oscurità raga di La Monte Young e Zazeela.

Uguale a stendersi su un prato e fissare il cielo.

Quello che porteranno i Popol, soprattutto in "Vuh", viene ripreso da "Poppy Nogood". Un'ascesa mistica, statica, dove poter estrapolare un'infinità di colori, profumi e cascate inimmaginabili.

Lo stesso Eden di Kubla Khan. Benvenuti in Xanadu.

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