Uno dei più influenti fruitori della tecnica dell’overdubbing, cioè della sovraincisione in studio, parlando in termini storico-musicali, è stato sicuramente Terry Riley, ragguardevole artista legato alla corrente, o meglio, alla variante minimalista alle sue radici. La musica minimale ha come antenati artistici la dodecafonia di Arnold Schonberg e il serialismo, anch’esso figlio della precedente tecnica compositiva ideata dal già citato Schonberg. Da questi riprende la peculiarità stilistica che consiste nella ripetizione di un drone (accordo o nota prolungata) per l’intero sviluppo della composizione. Terry Riley viene associato e messo sulla stessa lunghezza d’onda di mostri sacri della musica sperimentale, come La Monte Young, Steve Reich e Philip Glass. Lo scopo principale e originale degli artisti minimalisti è quello di rendere la musica d’avanguardia più accessibile e più piacevole all’orecchio dell’ascoltatore eliminando l’astrazione eccessiva che comporta secondo loro la totale insostenibilità sonora. La musica minimale o “new music” che dir si voglia ha come prerogativa la disarmonia che non va confusa con la stonatura: la disarmonia di cui si parla consiste nell’assenza di una struttura musicale che si districhi via via che il pezzo si estende. All’apparenza ci si trova di fronte a musica ripetitiva e inespressiva, in realtà la ripetizione della stessa sequenza di note comporta il lieve appena percettibile cambiamento al quale si aggiungono altre variazioni in seguito, che a loro volta danno vita a un tappeto sonoro complesso. L’ispirazione che i compositori minimalisti trovano nella musica orientale è un eclatante segno della loro costante ricerca di un’atmosfera magico-ipnotica che conduca colui che ascolta a sognare ad occhi aperti, a esplorare nuove dimensioni della realtà, a scoprire le varie sfaccettature dell’esistenza. Partendo da questo presupposto si può dire che i minimalisti siano come dei guru, dei maestri spirituali.

Tornando a Terry Riley, ad egli si può attribuire il termine “innovatore”. Insieme a La Monte Young risulta essere il più illustre e notevole della sua “categoria”. Nel 1969 l’artista californiano raggiunge l’apice dell’artisticità con il suo quarto lavoro discografico, che prende il nome di “A Rainbow in Curved Air”. Curved Air? I ’70 non hanno forse accolto una progressive rock band che si chiamava Curved Air? Ebbene sì, la band di Darryl Way si è ispirata per il nome all’album di Terry Riley. L’oggetto in questione è un LP formato da due soli pezzi lunghi circa venti minuti i quali occupano un lato ciascuno, interamente strumentali (è molto raro che in un brano minimalista figuri un cantante).

La title track è straordinariamente articolata: vengono suonati dal solo Riley innumerevoli strumenti come l’organo elettrico, un particolare clavicembalo elettrico (Il Rock-Si-Chord), il Dumbec, altrimenti detto Darabouka, inusuale strumento a percussione di origine orientale e il tamburino. Il Rock-Si-Chord, come già accennato, è un tipo di clavicembalo elettrico inventato nel 1967, quindi due anni prima che venisse usato dall’artista statunitense, il cui scopo è quello di riprodurre il suono più vicino a quello di un clavicembalo ordinario. Come mai non usare un clavicembalo normale? Come dice il nome, il Rock-Si-Chord è stato creato per essere utilizzato in contesti rock in quanto un clavicembalo vecchia maniera rischiava di essere sovrastato dagli altri strumenti tipici del genere “nuovo”, sia in studio che live. In poche parole Riley è stato uno dei primi ad utilizzare questo nuovo modello di strumento a tastiera: prima di lui solo la band psichedelica di Chicago, Mandrake Memorial, e il compositore George Crumb. Il Rock-Si-Chord viene impiegato per tutta la suite insieme all’organo elettrico su una base melodica unica di quattordici note. D’altro canto il Tarabouka è uno strumento a percussione usato nei paesi arabi, che nella sua conformazione assomiglia a un calice. Ne esistono diverse varianti, da paese a paese (Egiziano, turco, marocchino, indiano, ecc…). Nella musica occidentale il Dumbec era già stato usato dai musicisti classici, ma nessuno nell’ambito del rock, prima di Riley, aveva mai sperimentato con esso. Di conseguenza, dopo circa dodici minuti dall’inizio del brano “A Rainbow in Curved Air”, si può sentire per la prima volta nella storia del rock il suono di questo strumento alieno. Fino alla fine l’artista si dilunga in un assolo di dumbec che culmina in una brusca interruzione: la title-track si è conclusa. La successiva “Poppy Nogood and the Phantom Band” è una commistione di jazz e musica minimalista: organo elettrico e sassofono soprano vanno di pari passo. La “Phantom Band” di cui si parla coincide con la cosiddetta “Patch Cord”, cavo elettrico utilizzato in musica come connettore tra uno strumento elettrico (es. sintetizzatore) e un amplificatore.

L’album ha influenzato non poco la cultura rock delle generazioni a venire: “Tubular Bells”, esordio discografico di Mike Oldfield del 1973, primo album pubblicato dalla neonata Virgin Records, si ispira a “A Rainbow in Curved Air” nella struttura e nel utilizzo di più strumenti grazie alla tecnica della sovra-incisione. Gli Who, celeberrima band di Pete Townshend e Roger Daltrey, hanno intitolato il loro magnifico pezzo “Baba O’Riley” (“Who’s Next” 1971) in riferimento sia all’artista minimalista sia al maestro spirituale indiano, Meher Baba. Sfortunatamente, come spesso accade, la storia, o almeno una certa parte della storia, anche in campo musicale, cade nel dimenticatoio: ci si dimentica facilmente di pionieri senza i quali certe cose non avrebbero mai avuto la possibilità di esistere ed è, più che tragico, grottesco come fatto. Bisogna ricordare. Non bisogna perdere la coscienza del passato, in ogni senso. Bisogna aver paura dell’oblio, credere nel passato e rielaborarlo per dare vita a nuove esperienze e creature artistiche. Terry Riley fa parte della storia perlopiù cancellata dalla memoria, è diventato un personaggio di culto. Da questa consapevolezza, chi lo conosce dovrebbe trovare coraggio per consigliarlo ad altri, diffonderlo. Un personaggio come Riley dovrebbe essere studiato nelle università e nei conservatori. Chiedo scusa per il momentaneo io collettivo: dobbiamo riportare in auge la musica sperimentale di matrice minimalista. Se non noi chi?

Carico i commenti... con calma