Lao scrive una "recensione" su Thao.
La scrive perché nessuno ne aveva ancora scritta una, né sul qui presente disco né su altri.
La scrive (anche) perché è un disco nuovo. Ma non su tutti i dischi nuovi vale la pena di scrivere.
La scrive perché ne vale la pena. Per l'appunto.
La scrive perché, quando ebbe modo di scoprire questa artista, Lao provò una strana sensazione. L'insolita - inebriante - deliziosissima sensazione di un NUOVO che gli si rivelasse in tutta la sua bellezza. E io giuro che il taoista Lao Tze non ha mai fatto uso di droghe né di alcunché, ma quando la vide per la prima volta gli sembrò di essere a Luang Prabang (sapete, lassù, dove il Mekong è ancora lontano dal mare e scorre fra meandri e foreste) e di vedere una ragazza che suonava il banjo in un angolo, col cappello da cow-girl e stivali del tipo che indossava Loretta Lynn quando saliva sul palco a Nashville. Ma di ragazze con gli stivali, sul Mekong... uhm - difficile.
Infatti lei rimane preferibilmente scalza, quando gli stivali le divengono scomodi. Ed è cresciuta in Virginia, e la sua musica risuona più di echi del Tennessee e della Louisiana che non delle placide sonorità dell'Indocina, ove si è propensi a pizzicare ben altre corde. E' cresciuta in Virginia prima di partire e di arrivare a San Francisco, città pullulante di occhi a mandorla ma anche di musicisti ad ogni locale che s'incontri. E Dio solo sa quanti organismi country-folk geneticamente modificati si sono visti all'ombra del Golden Gate, da Country Joe McDonald in avanti. E a San Francisco Miss Thao Nguyen, che nelle vene ha sangue vietnamita, ha trovato la sua dimensione. Tra visite a carcerati e concerti di beneficenza, una già nutrita (e goduriosissima) discografia indipendente da mandare agli archivi, e... appunto, una stramba "orchestrina" vagamente "old-style" che l'accompagna su e giù per il Paese - ma a fare qualcosa che, in termini di puro suono, è più originale che mai.
Thao è una smanettona. Prende un genere, lo capovolge, ne estrae quello che le serve e ci costruisce sopra uno stile cantautorale cucito su misura per la sua voce; all'insegna di testi, a seconda degli umori: sbarazzini, provocatori, riflessivi anche, ma senza il peso (e le pose) dell'autrice ad ogni costo impegnata che difende la causa di questo e di quello bla bla bla. E ci siamo capiti. Le basta fare conoscenza con una detenuta di nome Valerie Bolden per scriverci su una canzone e (sulla storia di lei) inventarsi un quadretto pop/naif - la title-track - che già al primo distratto ascolto ha un suo perché, prima di arrivare al coretto/refrain che è qualcosa di irresistibile. E lì le idee cominciano a farsi più definite. Indie-folk si, ma in un certo modo. Nashville è profanata, rimodellata, personalizzata. Al suono di rullante secco e di quella sintonia basso-banjo finemente lavorata in studio...
...dietro una patina di apparente spontaneità, ecco lì che ci sono anni di studio e gavetta sul modo di concepire la propria idea di "pop song". Anche graffiando la chitarra elettrica (vedi "City") e tracciando geometrie un po' più complicate con un vibrafono che di country ha poco e di jazz (puristi, vomitate pure) qualcosa in più. "We Don't Call" è un puro giocare con i suoni, ma è un gioco che (sulle tracce di un finto-soul decontestualizzato) ha esiti orgasmici a dir poco, mentre New Orleans fa capolino in quel frastuono di ottoni in cui si dissolve "The Feeling Kind". A far capolino in "Kindness To Be Conceived" è invece Joanna Newsom, la cui voce si sposa con quella della Nostra in maniera inaspettatamente sublime - tanto che è QUESTA la sorpresa di lusso che, lungo i 36 minuti dell'album, più coglierà la vostra attenzione (un divertimento acustico al limite dell'infantile, ma è proprio questo il bello).
E poi...cos'altro anticipare, pescando qua e là, se non forse il basso pompato dal plettro e incredibilmente "vintage" che ascolti su "The Day Long", il pasticcio per tastiere di "Every Body" e il suo ritmo languido, l'andamento sghembo (da cavallo azzoppato) con cui procede "Move", e il quasi slow-blues di "Age Of Ice" a chiudere... quanto è difficile scegliere qualcosa in particolare. Ma da un mese a questa parte, non c'è settimana che questo CD non transiti per il mio lettore...
...in barba ai generi sotto cui s'affannano (vanamente) a collocare questo e i dischetti che lo precedono.
Ma tant'è.
Elenco e tracce
Carico i commenti... con calma