Dopo la deludente prova del super inflazionato disco "Eye In The Sky", il genio del suono Alan Parsons e il socio Eric Woolfson, fondatori del "gruppo" The Alan Parsons Project, decidono di dare inizio ad un nuovo progetto, improntato sullo squallido mondo del giuoco d' azzardo. "The Turn Of a Friendly Card", il prodotto, riunisce tutte le caratteristiche "peculiari" dell' APP, sonorità d' avanguardia miste a musica sinfonica di un' orchestra magistralmente diretta da Andrew Powell.
Orbene, il disco si apre con uno squillo di trombe, ottoni, ed altri strumenti a fiato (apertura che ritroveremo anche nell' ultimo disco, "Freudiana") che introduce "Maybe A Price To Pay", canzone che parla dei giocatori dei casinò come metafore dei "servi" e il direttore del casinò come un vero e proprio "padrone", "dominatore". Dopo il cupo squillo di trombe all' inizio prende vita un "tappeto" di un sintetizzatore, su cui introduce una melodica linea di basso e batteria, che porta alla prima strofa della canzone, dove il narratore parla di come "qualcosa non vada in questa casa oggi", che "mentre il padrone si nascondeva, io servi decisero di giocare" e di come, quasi sicuramente "ci sarà un prezzo da pagare". I versi della canzone sono accentuati da meravigliosi corni francesi e da archi incredibilmente sincronizzati. nella parte strumentale della canzone vi è un leggero tema dal sapore jazz, appena accennato, prima che inizi la seconda parte della canzone, dove, alla voce del cantante si aggiunge un tamburello a sonagli.
Dopo una meravigliosa canzone come questa sarà quasi certo che la successiva non sarà mai pari alla precedente, vero? E invece no! Perché "Games People Play", pur variando totalmente stile e genere (tipico dell' APP) resta su un piano di qualità veramente molto alto, con sonorità dance e una parte strumentale davvero "eccitante", con una linea di basso e batteria che cresce via via su un tappeto composto da vari effetti sonori. Qui, con un buon assolo di chitarra elettrica del buon chitarrista Iam Bairnson, si chiude la canzone.
Con la successiva canzone si varia un po' e si esce fugacemente dal concept: "Time" infatti parla, con la M-E-R-A-V-I-G-L-I-O-S-A voce di Eric Woolfson, di come il tempo trascorre come un "fiume" e non lasci niente dietro di sé. Lasciatemi dire, signori, che questa canzone è una delle più belle e dolci canzoni dell' intero repertorio del gruppo: archi e corni francesi si mescolano su una semplice linea melodica lenta e graziosa, su cui si staglia il cantato del vocal. Nella seconda parte del brano si introduce la voce di Alan Parsons che canta intersecandosi perfettamente con il tema.
Il semplice tema che introduce la canzone successiva (formato da sole note di piano forte che si raddoppiano nella seconda battuta) rappresenta tutto sommato l'angoscia e il terrore del giuocatore d'azzardo, durante la partita. La sua fortuna è decisa solo da una faccia del dado, superato l'intro si entra in un' aggressiva faida fra un giocatore e un altro, che gli consiglia di "andare a casa", perché in fin dei conti "non può vincere". Questo giocatore è un ossessionato dal gioco, dal momento che non fa che ripetere continuamente "non voglio andare a casa", frase tipica degli accaniti frequentatori dei casinò. Ancora un buon assolo di chitarra elettrica, e con un urlato "I don't wanna go home" si chiude la canzone.
Il brano strumentale prende il nome da un gioco molto quotato nei casinò, "l'insetto d' oro". Dopo l' etereo intro prende vita una linea melodica elettronica che molto rassomigliante a "Mammagamma", dal disco precedente. Su questa si staglia un tema al saxofono di Trix Cottle, che letteralmente gioca con il tema elettronico, stravolgendone letteralmente i limiti (altra caratteristica tipica dell' APP, il buon "posizionamento" di una linea melodica di un sax, sarebbe meglio che lo imparassero anche i pink floyd, in vero). Su un coro modificato elettronicamente si chiude la canzone, ritornando ad aleggiare sul tema etereo dell'introduzione.
Si apriva così la b-side del vinile di questo disco, che propone un medley intitolato "The Turn Of A Friendly Card", composto da 4 parti, la part 1 presenta il tema principale, suonato da un pianoforte da "orgasmo" accompagnato da un tappetino sonoro di un flauto, via via a questo leggiadro tema si aggiunge una linea di batteria e, con essa, la voce di Woolfson si fa più aggressiva, prima di spegnersi, alla fine, continuata da un leggero tema di chitarra acustica. Via via cominciano a sentirsi rumori di slot machines e una linea di basso forte e rockettara (simile a quella di "The Raven" dal disco "Tales Of Mystery And Imaginations", e così inizia la seconda parte, intitolata con un gioco d'azzardio con i dadi "Snake Eyes". Un disgraziatissimo giocatore accanito che sembra averci lasciato l' anima accanto al tavolo di gioco prega che escano i numeri sette e undici, prima di dire al comare "ancora un minuto, va tutto bene, va tutto bene". Sembra proprio di vederlo, questo tizio che, madido di sudore spinge gli occhi un po' più vicino al tavolo per vedere i risultati della partita.
Un tema di chitarra dal fresco sapore medievale apre il bellissimo brano strumentale, "l'asso di spade" ("The Ace Of Swords") accattivante e "variato" dal punto di vista stilistico, dal momento che non sembra appartenere ad un genere preciso (come del resto tutto l' album). Temi sincopati che potrebbero benissimo far da sfondo ad un duello fra cavalieri si intersecano a struggenti melodie favolistiche in un brano dalla davvero inarrivabile bellezza stilistica. Questo brano raggruppa ad uno ad uno tutti i temi fondamentali di tute le canzoni del disco, variandole, stravolgendole fino a renderle irriconoscibili.
nasce così la più struggente canzone del concept, non chè la quarta parte del colossale brano omonimo dell' album, un rimprovero rassegnato ad un giocatore fallito, che ormai si riduce a vivere come un vegetale, dal momento che "non gli è rimasto nulla da perdere": egli non ha pensieri, e se li ha sono del tutto inutili, ha combattuto, sofferto, gridato, lottato, tutto questo per niente, per ritrovarsi a non avere più nulla da perdere, ad essere un triste figuro che nessuno ambisce ad essere.
Con la seconda parte di "The Turn Of A Friendly Card" si chiude, su un leggero sfumato del tema principale si chiude il disco, dalle forti sfumature e dall' ancora più forte morale e concetto. Alla faccia dei critici che bollano ancora Parsons come solo un "buon ingegnere del suono".
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