Rischiosissimo buttare giù queste poche ed indecorose righe per parlare di Burdon e compagnia. I motivi sono diversi: trattasi di un gruppo storico, trattasi di una serie di capolavori da soli 3 minuti l'uno incastonati nel tempo, trattasi di roba vecchia, molto vecchia. Inoltre, questa è una compilation uscita più di vent'anni dopo gli anni d'oro del beat inglese, 1990, ovvero quando gente come gli Yardbirds, i Kinks, i qui presenti Animals erano dei dinosauri dispersi tra lavori di regia e guest-appearances, se non finiti sotto terra per qualche intruglio di troppo.

Eppure, "The House Of The Rising Sun" la conoscono tutti, anche troppi (vedi Pooh). "We've Gotta Get House Of This Place" è stata rispolverata per musicare una pubblicità negli anni '00. Ogni tanto qualcuno cita Eric Burdon come maestro dell'ugola e dell'animalismo sul palco, e Jim Morrison non fu che un suo discepolo in musica, un po' per il tono di voce simile, un po' per la stessa totale devozione al blues più classico. Il ben nutrito Chas Chandler farà fortuna spingendo Hendrix in cima al mondo, lasciandolo solo prima degli azzardi sperimentali ed ambiziosi di "Electric Ladyland".

Gli Animals ripresero la vecchia tradizione nera, e ci diedero un sonoro ceffone per liberarla dall'austerità e dalle formalità accademiche (ovvero, i mali che hanno afflitto il genere relegandolo talvolta a musica da cocktail, anche se fortunatamente una buona parte ne portò avanti la visceralità). Scavarono nel passato sonoro statunitense e lo portarono nel Regno Unito, fedeli ma non tristi scippatori di idee: ogni tassello della loro carriera, almeno nei momenti più solari, era un vero omaggio a ceffi come John Lee Hooker, Muddy Waters, Bo Diddley ed altri ubriaconi chiassosi. Gli Yardbirds furono più audaci, innovatori, creativi nella loro voglia di "andare oltre", gli Animals più fisici e sinceri, appassionati e appassionanti.

Una sequela di classici, prevalentemente dei rifacimenti, dominati dalle urla del frontman, ma affiancati efficiente da un organo stridente e caldo, una chitarra ed una sezione ritmica diligenti, scalmanate quanto basta. Grazie a loro, e a tutto il beat inglese, abbiamo avuto hard rock e nuovo blues, persino qualche sparuto germoglio di qualcosa che, una dozzina d'anni dopo, si sarebbe chiamato "punk" (vedi gli sviluppi e le influenze riscontrabili in gruppi come i Dr. Feelgood). Poco da spartire con la carriera solista di Burdon, fuggito negli USA attirato da Frisco, dall'LSD e dal country, prima della protesta funky dei War.

Basterebbe la già citata "We've Gotta Get Out Of This Place" per giustificare la devozione  incondizionata al gruppo, in questa raccolta ci sono altri quaranta motivi validi. Un valore ed un'importanza storica che per regole matematiche bisogna racchiudere in un semplice 5/5.

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