Pubblicato nel 1971, "Surf's Up" è l'ultimo lavoro decente di un gruppo ormai diviso da dissensi interni e dal lento, inesorabile deterioramento mentale di Brian Wilson. Un lavoro ambiguo e difficile da centrare in termini di totale apprezzamento critico visto che segue l'ottimo "Sunflower", opera all'epoca sottovalutata, ricca di sublimi primizie musicali.
"Surf's Up" è un album che contiene sia brani assai frivoli e pretestuosi come l'iniziale ecologista "Don't Go Near the Water" che pezzi deliziosi come la corale e determinata "Long Promised Road" di Carl Wilson o l'universale e mistica "Fell Flows". I momenti ricchi di emotività presenti nel disco non finiscono certo qui e ne sono prova l'innocente "Take A Load Off Your Feet" di Al Jardine, la malinconica e vulnerabile "A Day In The Life Of A Tree" e la riuscita "Disney Girls (1957)" di Bruce Johnston, con i suoi suoni nostalgici che ci fanno riassaporare il grande talento musicale dei Beach Boys nell'abbinare armonie ed accordi. Il disco però mantiene un corso discontinuo e, a tratti, inutilmente eccentrico. Ciò è dovuto alla testardaggine di Mike Love che in questo caso prova a scuotere l'opinione pubblica sull'argomento dei diritti civili con i toni sarcastici di "Student Demostration Time", un'inutile riscrittura di "Riot In Cell Block Number Nine", un vecchio brano r&b della coppia Leiber & Stoller. Da segnalare inoltre l'assenza, a livello compositivo di Dennis Wilson che, nel precedente "Sunflower", aveva regalato al repertorio della band la mossa "Slip On Through" e l'intramontabile melodia di "Forever".
Ma è a questo punto che a "Surf's Up" accade qualcosa di inaspettato e meraviglioso. Brian Wilson esce giusto per un'attimo dal suo silenzio mentale e si ricorda che fino a qualche anno prima era considerato un genio musicale. Ritorna così, quasi per incanto, ad occuparsi di ciò che gli riesce meglio, cioè comporre musica a un livello superiore. Brian regala così, nel finale, le sue personali confessioni paranoiche nella splendida "Till I Die", un brano immerso completamente nella solitudine contemplativa del suo autore e recupera, dal capolavoro perduto "Smile", la maestosa e leggendaria "Surf's Up" che regala a questo disco una conclusione trionfale, superba, inattesa e meritata.
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