Scrivete questo disco con l’America in mente”.    Questo fu il suggerimento di Brian Epstein quando i Beatles si misero all’opera per questo album,    scritto dopo il trionfale  “piccolo tour”   in America del Febbraio 1964.    Come disse uno storico:   “Con quel tour,    i Beatles riempirono,    nel cuore degli americani  (giovani e non),    il  vuoto  lasciato dalla  morte  di   Kennedy”.

E  i Beatles,  durante le riprese del film omonimo,  tirarono fuori   “una  serie di   canzoni   fatte   per  il   mercato   e  che  non  ritengo   di   alcuna   rilevanza”  -    come diceva (esagerando) Lennon negli anni 70.

La gradevolezza  di alcune  di queste   “market-songs”    è  fuori    discussione;   mi   riferisco in particolare   a   “A  Hard Day’s Night”,    “Can’t Buy Me Love”    e  soprattutto  a    “I Should Have Known Better”.   Ma  se cerchiamo  vere canzoni,  dobbiamo andare altrove.   

D’ altra parte,   sarebbe  sbagliato   dire  che  “A  Hard Day’s  Night“   fu    un disco fatto solo per vendere.    Almeno  tre  pezzi  presenti  qui,   sono,    pur nella loro semplicità,     tra  le  cose  migliori  mai  registrate  dai Beatles,   e  questo,  20 anni fa,     mi   suscitò   grande rispetto per  i  4,    che avrebbero potuto fare  i furbetti  fino in  fondo,   perché,   parafrasando  John Robertson,     “nel 1964,  all’apice della  Beatlemania,    avrebbero   venduto  milioni   di  copie   anche  recitando  l’alfabeto”.

Ecco quello che salvo.

“I’ll  Cry  Instead”,   di  Lennon,  ha  una melodia davvero brutta,   ma con un testo bellissimo che come disse lo stesso John  “descrive in pieno la mia fragilità”.   Piaccia o non piaccia ciò che dice,   è  un  capolavoro   di sincerità.    La canzone riguarda la rabbia per la perdita di una persona cara.  Anche se  nel  testo  appare  una ragazza,  come elemento esterno che determina la rabbia di John,   in realtà quell’elemento esterno   potrebbe  essere  benissimo  una  canzone  che  parla della   perdita   dell’ amico  Stuart    Sutcliffe,    o   della  madre Julia.   Basta solo sostituire  la parola “girl” al secondo verso con “friend”  o “mother”.   

È triste pensare che   John  sprecò  canzoni   di   valore   molto   superiore   come    “Yes It Is”,    “It’s Only Love”    e  “You Have Got Hide Your Love Away”    per scrivere testi d’amore adolescenziale,   quando era capace  di mettersi  a nudo così bene.  

“If  I  Fell”   è   una buona canzone,   anche se   troppo   “maccartina nella melodia”  (cioè con troppe variazioni nella linea di canto) e  con  un  testo davvero  troppo  adolescenziale   (della serie:  ci mettiamo insieme ma tu non tradirmi).  I versi, tuttavia,  sono  piuttosto elaborati,    probabilmente  scritti prima della musica;   Lennon la  definiva   “semiautobiografica”.    Era   la canzone dei  Beatles  che   Kurt   Cobain  amava  più  di  qualunque  altra.

“Things We Said Today”   di   McCartney,   con una  “melodia  quasi  lennoniana”    (cioè con poche variazioni nella linea di canto)   e davvero matura nel testo,  anche se parla d’amore.  Tratta  la speranza  di  un   amore  fedele.   Lennon comprese il valore della canzone,   ed ebbe l’idea di accompagnare con dei bellissimi raddoppi di voce, e  delle efficaci schitarrate (soprattutto  all’inizio e alla fine) che danno un tocco di originalità a questa già  eccellente canzone.  Davvero  bello  il  cambio.  All’ epoca venne sottovalutata e pubblicata  come B-side.   Una delle mie  12 preferite  della produzione minore (fino ad  “Help!”).

“I’ll Be Back”.  Semplicemente stupenda  ballata acustica,   che Lennon disse di aver scopiazzato da un pezzo di Shannon.  John ne parlò sempre con particolare orgoglio,  e ascoltandola si capisce il   perché.    George Martin la volle alla fine del disco  “per chiudere col botto”.

“And  I Love Her”,  canzone di  Paul  e  che anche  Lennon  amava   e   definiva    “la sua  prima “Yesterday”.     Dopo averla   ascoltata,  smisi di deridere i  Beatles,   e  cominciai a rispettarli   dicendo:  “Be,  avevano talento”.    Difficile   esagerare   quando   esaltiamo questo pezzo,     a    quanto sembra scopiazzato  da un pezzo di musica classica.   Questa canzone   fu  un   lavoro  di   squadra.    Uno di loro  disse a Paul  di sostituire la chitarra elettrica  con   l’acustica  perché  il suono elettrico  avrebbe disturbato  la  dolcezza  della melodia;    qualcun  altro  ebbe    l’idea degli schiocchi delle dita.    Il risultato è  uno  di quei  capolavori di delicatezza   che  ti   lasciano stupiti  mentre li   ascolti,    e   in  silenzio  dopo l’ascolto.  
Un disco con  3  gioielli,   1  bella canzone,   e un eccellente testo merita la sufficienza abbondante.

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