Questa ormai sarà la centesima recensione su questo capolavoro, ma è impossibile restare indifferenti e silenziosi su questa opera eccelsa del rock.

Se con "Revolver", "Rubber Soul" e perfino il bellissimo "Sgt. Peppers'" i quattro scarafaggi avevano seguito un ordine logico, vale dire i vari esperimenti con la psichedelia con vari spunti verso il rock, il pop e perfino la musica indiana, stavolta invece decidono di infrangere le regole. Basta solo posare un occhio sulla copertina, semplice quanto misteriosa: la prima volta che la notai mi suscitò interesse; ero curioso di ascoltarlo tutto d'un fiato e di lasciarmi trasportare dalla musica di questi quattro geniali musicisti; come già qualcuno ha scritto: "la band più sottovalutata e sopravvalutata nello stesso tempo".

Questo album, affascinante quanto inquietante, è un mix di emozioni, di esperimenti e di suoni che sembrano arrivare da un'altra galassia (qui cito "Tomorrow Never Knows" dell'album "Revolver"): non hanno un filo logico, non hanno un collegamento fra di loro. Il significato dell'album secondo me è il fatto che ognuno dei Beatles ha voluto giocare l'ultima carta dando una propria parte per questo lavoro, a cominciare da quel genio pazzoide di John Lennon, che in questo album raggiunge l'apice della sua sperimentazione psichedelica, fino a Paul, a George e infine Ringo Starr, che mentre negli album precedenti era forse quello più distaccato in questo album partecipa molto più frequentemente, dimostrando al mondo di essere anche lui un buon "compositore", anche se di qualche spanna in meno rispetto agli altri (se lo paragonassimo a John e Paul....). Questo doppio grande album è quindi il risultato di ciò che i quattro Beatles tirarono fuori uno all'insaputa dell'altro, e la cosa affascinante è che colpisce: con una cura quasi maniacale, alcune canzoni divennero vere e proprie perle. Stavolta evito la tracklist perché le tracce sono troppe e difficili da descrivere in poche parole, anche perché c'è il serio rischio di dire qualche scempiaggine, per non dire di peggio. Perciò ho deciso di dire la mia sui lavoro di ogni componente:

1) John Lennon: cosa c'è da dire su questo geniaccio della musica? Per molti un poeta maledetto, per altri una grande mente della musica internazionale. Senza di lui probabilmente questo album, ma anche tutti gli altri, non avrebbero avuto lo stesso impatto e la stessa poesia che invece hanno goduto. Si diverte a manipolare suoni e girarli alla rovescia creando una traccia sperimentale lunga quasi nove minuti: sto parlando della inquietante "Revolution 9" creata insieme alla moglie Yoko Ono (beh anche lei alla fine è diventata parte di questo gruppo), un esperimento che se ai giorni nostri viene ritenuto "anormale", pensate in quegli anni....sperimentò a suo modo il country di "The Continuing Story Of Bungalo Bill" cantata con Ono, il r&b di "Yer Blues", anche se lontano dai mostri sacri di Robert Johnson e Eric Clapton (che in questo album ha partecipato spesso) è molto elegante, fino alla dolce ninna nanna di "Good Night" dedicata al figlio. Ma non manca il suo semplice ma efficace tocco melodico, presente in canzoni come "Happiness Is A Warm Gun" e "I'm So Tired", una canzone di due minuti con un ritmo rilassante deliziosamente piacevole.

2) Paul McCartney: di sicuro in questo album c'è molto più lui degli altri, anche se il suo impatto è stato molto meno "geniale" di Lennon. Il caro Paul, come nei vecchi album, si divertì a fingersi morto di nuovo lanciando numerosi indizi sulla sua finta morte, che è diventata una leggenda metropolitana (ma su questo non speco parole perché immagino che tutti ne siate più o meno al corrente). Stavolta però il bassista e voce pop del complesso si trasforma come un camaleonte e cambia i toni della voce, i testi e perfino le melodie. Suo è il motivetto pop "Obladì Obladà", con un testo che sembra preso da una soap opera e un ritmo dannatamente orecchiabile da sembrare quasi una filastrocca da cantare nelle scuole elementari, la dolce ballata "Blackbird" con belli effetti sonori di uccelli in sottofondo fino a "Helter Skelter". E qui è l'apoteosi: i Beatles sembrano avere preso il plettro del destino (citando i "Tenacious D") creando un pezzo sbalorditivo, un rumoroso hard rock dove il buon vecchio Paul urla e si arrabbia per la prima volta da sembrare Roger Daltrey, il vocalist dei The Who: la chitarra picchia forte, il basso usa per la prima volta nella carriera dei Beatles un pesante distorsore molto sporco, e perfino la batteria pesta duro. Il risultato è un incredibile capolavoro, ritenuta da molti insieme a "Revolution 9" e "I'm So Tired" come "la canzone maledetta del White Album" per i fatti di cronaca avvenuti in seguito agli omicidi del killer Charles Manson e della sua setta.

3) George Harrison: sempre affascinato dalla musica indiana, è autore del miglior brano dell'album ovvero la straziante e stupenda "While My Guitar Gently Weeps", con la partecipazione di Eric Clapton, grande come sempre. Un blues sofferente, triste e malinconico, e con un ritornello veramente bello e orecchiabile. Di George sono anche note "Piggies", uno dei testi più spinti dell'album, insieme a "Why Don't We Do It In The Road?" di McCartney fino alla ballata alla Bob Dylan "Long Long Long".

4) Ringo Starr: e infine concludiamo con il Beatles ingiustamente meno apprezzato, ma la sua impronta nell'album è molto buona: per la prima volta crea un pezzo tutto suo, ovvero la divertente canzone country "Don't Pass Me By", niente di eccezionale ma che danno occasione al batterista di riscattarsi.

In conclusione i "quattro angeli dell'apocalisse", come li descrisse lo psicopatico Manson, creano la loro opera più spettacolare, che nasconde di tutto e di più e nonostante i cambiamenti nel corso degli anni e l'arrivo di nuove band, i Beatles riescono sempre a restare sul loro piedistallo senza mai perdere l'equilibrio e cadere i nel vuoto. Con questo album hanno dimostrato di essere avanti, trasformare la musica in semplice e pura arte, anche semplicemente giocando sulla sperimentazione e sul rock più semplice. L'essenza vera dei Beatles, più che un doppio album... una gemma del rock che è diventata un "enciclopedia" della musica.

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