Chi ha all'incirca quarant'anni si ricorderà di Top Gun, film simbolo degli anni '80 come nessun altro, con Tom Cruise che inceneriva jet libici ad majorem gloriam statunitensem e si ricorderà pure la canzone tema della colonna sonora, la pallosetta "Take My Breath Away" che accompagnava le gesta dello scientologico Tom.
Bene, a suonare quella solfa era un gruppo di Los Angeles, tali Berlin, che devono pure averci fatto su dei bei soldi, però... però capita che uno abbia voglia di fare altro, specie se gli piace tutt'altra musica. Così il bassista e il batterista decidono di cambiare registro, trovano un chitarrista, fondano una nuova band e partono con il rock più hard degli anni '80.
"Bum" qualcuno dirà e, però, permettetemi, io mi ricordo il periodo, nel 1988 andava forte il glam dei Guns and Roses e stava nascendo quello che sarebbe diventato il grunge con i Soundgarden e Jane's Addiction, mentre i Metallica regnavano sul metal, ma quando vidi negli scaffali una copertina con un particolare de "l'inferno musicale" del Trittico delle delizie di Bosch, con l'orecchio trapassato dalla freccia, la curiosità fu forte. E più forte ancora fu l'impatto della musica sulle mie, di orecchie! Finalmente l'hard rock come si usava ai tempi dei Black Sabbath e degli Zep, che nei primi anni ottanta si era un po' perso, soffocato dalla dominante new wave.
Dopo l'esordio fulminante che (cito da Scaruffi) "affondava gli artigli nel blues più tempestoso traendone ritmi tribali e scariche torrenziali di chitarra" (e, come Peppino, ho detto tutto), i nostri se ne stanno in silenzio per anni, fino al 1993, quando ricompaiono con un nuovo disco, in cui l'hard blues rock perde un po' la psichedelia degli inizi per dirigersi su terreni più "classici".
E' questo il disco che vi segnalo, perché di segnalazione si tratta, non tanto di recensione vera e propria, siccome mi sembra ingiusto che questa band tanto grande musicalmente quanto sfigata commercialmente, finisca nel dimenticatoio, oggetto di culto di pochi intimi affezionati.
Hard rock quindi, suonato da tre sontuosi musicisti, batteria super potente, basso cupo e pulsante, chitarra tesissima e precisa e voce ringhiante per un blues de luxe che rimanda ai tempi d'oro degli anni settanta.
La musica dei Big F è puro heavy rock, caratterizzato da gran fantasia e sensibilità, forte, suadente ed esaltato da gemme sfavillanti come "Mother Mary", dolce ballata arricchita dalla chitarra acida, "Way Low To Be Low", introdotta da un poderoso attacco di batteria e lanciata come un treno, l'ipnotica "Fefofi", l'iniziale "Patience Peregrine" e la finale "Lube", mischiata con sapori jazz su cui si insinua una tromba che omaggia il grande Miles, a cui non sarebbe neanche dispiaciuta tanto, che lascia immaginare quello che avrebbe potuto essere il suono della band, se, visti i risulati di vendite sconfortanti, non avesse chiuso baracca anzitempo.
Non so quanto sia facile reperire i dischi del Big F, oggi, ma ve li consiglio con calore e con la speranza che qualcuno possa riscoprirli e rendere loro l'onore che si meritano.
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