Il Blues Project fu una complesso americano nato verso la metà degli anni '60 e formato dall'organista di Bob Dylan: Al Kooper. Il complesso, oltre a lui, era composto dai chitarristi Danny Kalb e Steve Katz, dal bassista Andy Kulberg e dal batterista Roy Blumenfeld. Il gruppo riprendeva i vecchi stilemi classici del blues, modernizzandoli e aggiungendo un misto tra il folk rock tipico di quegli anni (Dylan, Byrds), il jazz e la nascente psichedelia. Proprio per questo miscuglio di generi tra il classico e il moderno possono ritenersi tra i gruppi importanti degli anni '60.

Il loro capolavoro resta Projections del 1966, che vede alla produzione il leggendario Tom Wilson (il produttore di Dylan). "I Can't Keep From Crying" è il brano che apre il disco: arrangiato da Al Kooper con l'aggiunta di un riff di basso ipnotico, distorsioni di chitarre e organo assordante. Il basso è accompagnato da una continua incursione delle chitarre elettriche. La batteria mantiene un ritmo continuo per poi procedere in un assordante orgia di suoni. Verso la metà del brano subentra una tastiera, ma la predominanza è dettata dal basso e dall'organo. Il ritmo si mantiene su un classic blues con invettive psichedeliche ancora acerbe, tipiche del periodo precedente al '67. Verso la fine il pezzo rallenta lasciando ancora spazio al basso e ad un finale con un assolo di chitarra che si rigira su se stesso come un foglio di carta bruciato. "Steve's Song" presenta delle reminiscenze orientali. L'inizio è accompagnato da una chitarra acustica e da un flauto indiano. La chitarra suona come un carillon e crea una dolcezza che va in perfetto contrasto con il blues rock selvaggio del brano precedente. Verso la metà subentrano i gong della batteria con l'aggiunta dei piatti che creano una atmosfera magica per il flauto fiabesco. Il basso comincia ad accompagnare la voce in un viaggio psichedelico tra giardini orientali e una melodia paradisiaca, creata dall'onnipresente tastiera di Kooper. " You Can't Catch Me" è una classica cover di Chuck Berry. Mantiene il suo stile primordiale rock n roll anni '50 con l'aggiunta di incursioni ritmiche più veloci e moderne. Il sound ovviamente risulta più vivace rispetto alla versione originale. Perfetto l'onnipresente piano di Kooper e le chitarre in stile rockabilly, che si fondono unicamente nel muro sonoro creato dal piano e dall'assordante e velocissimo ritmo della batteria di Blumenfeld. "Two Trains Running" è un'altra cover, questa volta di Muddy Waters. Il brano si regge quasi interamente su un riff di chitarra blues di cinque accordi ripetuti, accompagnata dal solito basso di Kluberg. La voce di Kalb ci riporta ai lidi della musica nera americana. Il vero blues dei neri: basato sul lavoro, la sofferenza, il sacrificio. Kalb non ha la voce calda di Waters, ma riesce ugualmente ad evocare lo strazio di un intero popolo da sempre sfruttato dagli oppressori occidentali. Verso la metà del brano riemerge nuovamente il solito organo di Kooper, che fa una breve comparsa per poi rintanarsi nuovamente nei sottofondi del brano. Verso la fine c'è spazio anche per l'armonica di Katz che percorre i binari delle stazioni del Mississippi fino all'Alabama assieme ai Two Trains Running. Il basso segue il brano verso la conclusione assieme alle chitarre: una crea un tappeto sonoro che sfocia poi nel sound dell'organo, mentre l'altra si limita a produrre una sezione ritmica di accordi bruciati che piano piano vanno a scemare fino a tornare ai 5 accordi iniziali, come se ci si volesse dire che il viaggio è finito.

"Wake Me, Shake Me" è un pezzo riarrangiato da Kooper con un solito riff di basso e un ritmo sorretto dall'ottimo drumming di Blumenfield. E' presente il solito rockabilly delle chitarre che si limitano ad accompagnare l'intero brano. E' immancabile la tastiera che fonde il sound delle chitarre in un unico spumeggiante ritmo tribale e psichedelico. Verso la metà, il ritmo cala nuovamente dando risalto alla voce di Kooper che sembra fare a pugni col Mick Jagger del periodo di "I'm Going Home". Poi il ritmo risale di nuovo con il ritornello "wake me, shake me" e procede così fino alla fine. "Cheryl's Going Home" è una cover di Bob Lind con un'andatura del miglior pezzo on the road, il titolo d'altra parte ci suggerisce proprio questo. L'organo crea però una insolita atmosfera psichedelica per una road folk song. Gli accordi di chitarra sembrano rallentati volutamente per dare un senso di abbandono e rilassatezza. Anche le voci sono più quiete e ci cullano fino a casa. "Flute Thing" è l'unico dei due pezzi scritti da Al Kooper. Dopo un intro da piano jazz, il flauto prende il via accompagnato dal ritmo tribale della batteria. L'uso del flauto potrà ricordare in seguito i concerti flautistici di Ian Anderson. La batteria jazz si limita ad accompagnare il percorso del flauto a cui faranno poi incursione l'organo e la chitarra di Katz. Quando il flauto cessa momentaneamente il suo percorso, la musica precipita maggiormente sul piano jazz che sembra far uscire lunghe coltre di fumo dai locali. C'è spazio anche per un miniassolo jazzistico di Blumenfeld, prima della ripartenza del solito strumento a fiato spaziale che porta a conclusione il pezzo.

"Caress Me Baby" è una cover di Jimmy Reed. Inizia come il più classico dei blues: presenza di chitarra e batteria con un piano che suona delle melodie soffici, quasi nascoste nell'oscurità della musica, creando un'atmosfera da bar newyorkese. L'intro sarà successivamente di ispirazione per i Led Zeppelin in "Since I've Been Loving You". In effetti la voce di Kalb ricorda lievemente il miglior Plant. Il brano percorre più o meno una sua linearità, a parte qualche lieve incursione chitarristica qui e lì. Lieve spazio anche per l'armonica. Ad ogni modo questa cover non trasfigura di molto la sua originale. Nonostante sia perfettamente riuscita, si nota una netta mancanza propositiva nel cercare altro (forse dettata ancora da una poca esperienza dal punto di vista compositivo). Come al solito, è presente anche un assolo verso la metà del pezzo, prima di tornare alla base iniziale con il verso "Caress Me Baby" sussurrato ad un fil di voce. "Fly Away" è l'ultimo pezzo dell'album, scritto da Kooper, si apre con un'armonica di Katz per poi sfociare in un ottimo folk rock blues. L'uso delle percussioni rimandano sempre ad una atmosfera psichedelica, nonostante non sia tanto marcata quanto in "Steve's Song". La struttura rimane comunque lineare, con il solito basso fondamentale nel mantenere in piedi la base del tutto fino alla fine.

In sintesi, il disco presenta un complesso forse alle prime armi e con poca esperienza nel campo produttivo, basti pensare che solo quattro sono i brani originalmente composti per il progetto, e da qui il titolo "Projections" risulta forse un po' fuori luogo. Ad ogni modo i musicisti riescono comunque a rendere perfetto il materiale nel quale decidono di esibirsi, prendendo il vecchio blues dei neri e riadattandolo in chiave chiaramente anni '60 e in questo caso (pre)psichedelica. Un unico neo che si può rimproverare è forse quello di aver tentato poco, ma da una band alle prime armi è un difetto che può essere perdonato. "Projections" resta un disco importante per capire come la psichedelia ancora allo stato primordiale del '66, si sarebbe sviluppata successivamente nell'anno seguente. I brani sarebbero diventati più lunghi, visionari, incatenati. Qui i trip musicali sono ancora minimi, ma Projections, così come altri album suoi contemporanei, anche più importanti, aveva posto i semi per quello che sarebbe venuto dopo.

VOTO: 7.5

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