1978. Cars. Ovvero come unire iconografia anni '50 ad un "senso del disco" sixties... Ovvero come musicalmente unire il rock di una volta alla new wave.

Sentila iniziare, "Good Times Roll", con quel riff che da solo vale un disco, senti tutto il gusto nell'arrangiare un pezzo semplice, come no, ma a riuscirci a farne uno così... Senti un coro troppo voglioso di far capire che i Cars ci sono anche vocalmente. Un assolo di chitarra "trascinato per le orecchie" volutamente ed una tastiera al servizio della canzone. Memorabile a dir poco.

E di "My Best Friend's Girl" che ne dite? Immagino una ragazza a quei tempi, di fronte a questo disco, con nel retro dell'lp la faccia di almeno un paio di bellocci col look giusto e col giusto sound. Qui ritorna il rockabilly, la voce di Ocasek è simpatica e spensierata come il testo (ennesimo marchio di fabbrica: pochi versi ripetuti 2, anche 3 volte), i clap-clap iniziali e quelli finali, anche questo è un pezzo dove far squillare i cori. Come poteva una ragazza non desiderare di diventare la groupie dei Cars?

In "Just What I Needed" c'è new wave vitaminizzata (sono sempre bostoniani), sporcata di hard. Fin qui Ocasek (che lascia cantare il brano a Benjaminn Orr) è un grande autore, un nuovo dio dei 3 minuti e mezzo. Niente specials per le canzoni, assolo facile, cori nel ritornello, niente seconde voci nelle strofe.. Qui non c'è tempo da perdere, ed è tutto sacrificato all'obiettivo: let the good times roll! L'Ocasek gioviale che non smetterà di esistere nelle prove a seguire dei Cars ed in quelle soliste fa un po' il clown in "I'm In Touch With Your World", senza dubbio non una grande canzone, alla quale serve un buon lavoro di chitarra e zampilli di genio alle tastiere. Nel divertissement ci si infila anche un fraseggio di sax (del tastierista polistrumentista Greg Hawkes). Non sarà un pezzo che farà gridare al miracolo, ma cosa ci sarà di palesemente migliore in giro a quei tempi da far ascoltare alle orecchie di una 18enne bostoniana?

Ascoltate il riff iniziale di "Don't Cha Stop" ed immaginatevelo con un sound più surf: capirete perché Elliot Easton è il chitarrista preferito di Brian Wilson. Ritornello caratterizzato da tastiera che manco la musichetta dei luna park. Fin qui, nonostante tutto sia suonato a dovere, e prevedibilmente capace di far cascare il palco dal vivo, nel disco il muro sonoro non s'alza mai, a volte lasciandomi perplesso, ma il perché c'è eccome, ed è sempre lo stesso: il disco deve scivolare, "fluire", i good times devono roll...

"You're All I've Got Tonight" è l'episodio più hard del disco. Non per nulla vent'anni dopo gli Smashing Pumpkins ne faranno una versione, addirittura semplificandone le trame chitarristiche. Ancora una volta cori a dir poco squillanti. Ma il produttore è Roy Thomas Baker, un signore che produsse i primi Queen. E chissà cosa sarà venuto in mente a costui, quando per la prima volta si ritrovò fra le mani materiale del Cars. Che i primi Cars sono i primi Queen, nati accidentalmente dieci anni dopo nell'est-America, quando New York era la Londra di 10 anni addietro? Orr canta il suo secondo brano, una voce la sua destinata a tavolino ad essere la "seconda", come quella di James Iha degli Smashing Pumpkins o Brian May (o Roger Taylor) dei Queen (cito queste due band perché le ho citate prima, e quindi per non divagare troppo) e che nel tempo si rivelerà ben di più. Canta "Bye Bye Love" e il pezzo suona come se a nascere 10 anni (o 15?) dopo fossero gli Who di "Baba O'Riley". Il solo di tastiera è eccellente. Eccoci quindi a "Moving In Stereo", altro pezzo famosissimo, quasi horror. Tastiere tesissime, un basso tragico che pompa e la migliore interpretazione vocale di Ocasek del disco (e forse della carriera)... Ovvero come trasformare i Gobelin in un prodotto new wave. Anche in questo caso il brano anticipa un retrogusto dell'autore, in questo caso per le atmosfere più cupe... Sia ben chiaro che in tempi di Joy Division questo disco suona un po' bubblegum, a cominciare dal fatto che il più delle volte i nostri non si prendono granché sul serio, nel puro stile bonario del rock n' roll e del bulletto di periferia bostoniana.

Con "Moving In Stereo" comincia il finale enfatico del disco, e proprio sulle ceneri di questo brano parte il basso di "All Mixed Up", cantata ancora da Orr, che nasce delicatissima sulle sue corde vocali e su quelle del suo strumento, che esplode in schitarrate, che prosegue al tempo con una tastiera un po' prog (non il massimo), che ha un ritornello in sui il synth suona come un oboe e dei buoni cori, che ha un assolo di chitarra e che poi riprende la strofa, stavolta con un ritmo più contante, ben scandito dalla batteria... fino al secondo ritornello, l'ultimo, dal quale nasce un lungo solco di chitarra solista che viaggia costante e bassa, delle buone parti di tastiera e soprattutto un bel solo di sax che sfuma.

Se ogni band dell'epoca ha attinto qualcosa dal passato per dar luce alla propria creatura, l'alchimista Ric Ocasek, per dar vita al golem Cars, mescola il sogno del rock n'roll anni ‘50, il gusto per i 3 minuti e mezzo dei '60, una chitarra surf o rockabilly, una voce confidential ed una rock-romantica, giusto un pizzico di prog e parecchia giovialità, che a volte straripa nell'ironia. Il produttore Baker ci mette quel po' di barocco, quei coretti come tanto piacciono a lui. Il risultanto sarà semplicemente eccellente ed eccellentemente semplice (e di enorme successo).

So che per molti new wave significa Joy Division e Psychedelic Furs (band che adoro), ma questo disco è un'onda gigante, un cavallone di rock e di new wave, chechhé se ne dica. E poco dovrebbe importare se questo cavallone è di acqua potabile, o di seltz. Anzi, forse meglio ancora: dovessimo aver sete...

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