Se è vero che i migliori lavori di un artista vengono partoriti nei periodi peggiori della propria vita, i Charlatans ne sono la dimostrazione perfetta. La storia della loro pluriventennale carriera è fatta di gioie e dolori, ascese e cadute. Ma è soprattutto dalle tragedie che, purtroppo, hanno funestato l'esistenza del gruppo che sono riusciti a tirar fuori le cose migliori. E se nel 1997, "Tellin' Stories", il loro album di maggior successo commerciale, veniva fuori appena un anno dopo la morte in un incidente stradale del tastierista Rob Collins, questo nuovo lavoro "Modern Nature" segue la morte, avvenuta il 13 agosto 2013, del batterista Jon Brookes per un tumore al cervello.
La loro più grande capacità è stata quella di passare attraverso le mode (Madchester, Britpop), adattando il loro sound ma riuscendo a suonare sempre "100% Charlatans". E questo disco, il dodicesimo della loro carriera, non è da meno. Sono sempre loro, inconfondibili Charlatans. L'unica vera novità è la scodella bionda che ora Tim Burgess ha in testa...
L'album si muove negli spazi di un alternative rock mutante in cui a farla da padrone è la voglia di ricordare l'amico scomparso (qui sostituito da Stephen Morris dei New Order, Peter Salisbury dei Verve e Gabriel Gurnsey dei Factory Floor) con canzoni leggere e piene di vita. Dalla psichedelia di "Talking In Tones" alla spensieratezza del singolo "So Oh", dal gospel rock di "Come Home Baby alla vivace "Let The Good Times Be Never Ending", dalla tetra "I Need You To Know" al piano baggy di "Trouble Understanding".
Un disco che scorre via veloce senza sbavature. Uniche pecche la mancanza di un vero pezzo da novanta in scaletta ed il fatto che le tracce siano troppo simili l'una dall'altra.
Comunque, lunga vita ai Charlatans.
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