“Still, grey morning / Half-light November / No birdsong / Trees are dripping.”
L'estate dovrebbe essere già iniziata da poco, ma con Midnight Cleaners dei Cleaners from Venus siamo già ai titoli di coda.
Uno dei tanti affascinanti album del pop lo-fi britannico anni ’80. Uscito nel 1982, è il terzo album del progetto di Martin Newell, registrato su un 4-track in una camera da letto, è il terzo album del progetto di Martin Newell, e rappresenta una svolta creativa. Dopo la partenza del batterista Lol Elliott Newell si reinventa da solo, mescolando drum machine, chitarre jangle e atmosfere casalinghe.
Nel contesto della discografia, questo disco è considerato un punto alto del primo periodo dei Cleaners, assieme a On Any Normal Monday e In the Golden Autumn. È uno dei lavori che anticipano la corrente bedroom-pop e influenzano artisti lo-fi americani degli anni ’90.
Nel silenzio e tra le ombre, nascosti dai grandi riflettori Newell costruisce una art story fondata sul mito notturno dello spazzino della mezzanotte. Puliscono uffici, stazioni, corridoi di sogni evaporati ( Corridor of Dreams ). Sono invisbili e non li nota nessuno - se non Martin- che li ha guardati come si osservano gli astri minori: con discreta meraviglia.
Richard è uno di loro, un flâneur forzato.
Non passeggia per diletto, ma per destino. Ogni mattina, al termine del turno, torna a casa camminando tra cartelloni pubblicitari mezzi strappati, pozzanghere con riflessi di insegne e resti di giornali umidi. Ha una collezione di cassette bootleg, un quaderno dove annota versi e un’insolita passione per il magico suono evocativo delle campane stonate che suonano da Wivenhoe, ( Wivenhoe Bells) il paese natio di Newell, che sono famose per essere storicamente sempre fuori tempo. Man mano che il giorno avanza, Richard diventa un raccoglitore non solo di rifiuti, ma di preziosi frammenti. Li scrive sul suo taccuino tra una corsa in autobus ed un caffè freddo. Frammenti di conversazioni udite, di sogni interrotti, di telefonate interrotte, di pubblicità che promettono sorrisi che non arriveranno mai ( Factory Boy).
Ogni brano dell’album Midnight Cleaners è così: una stanza disadorna e polverosa, illuminata da una finestra poetica. E nel centro di quella stanza c’è Richard, eroe decadente, brillante nella sua invisibilità.
La Storia terminerà in una stanza condivisa, dove Richard attacca al muro un collage fatto di fotogrammi ritagliati e versi di Martin Newell. Accende una radio, la frequenza è sintonizzata male, ma il Synth Jangle Pop di Corridor of Dreams è riconoscibilissimo; un sax si insinua tra le ombre del suo pomeriggio assonnato.
Perché, in fondo, il mondo ha bisogno dei suoi spazzini di mezzanotte. Non per pulire, ma per ricordarci che anche l’invisibile ha una voce. Basta saperla ascoltare.
Nel cuore dell’Inghilterra rurale, tra le brume salmastre di Wivenhoe e il suono delle campane stonate della domenica, nasce quindi questo piccolo miracolo lo-fi: Midnight Cleaners, terzo album dei The Cleaners from Venus, pubblicato nel dicembre del 1982. La voce di Newell, sincera e ironica, sfiora le note accompagnato da chitarre jangle, synth minimali, sax malinconici e drum machine.
La band prende vita nel 1980 per impulso di Newell e Lol Elliott, spiriti liberi che rifiutano gli schemi dell’industria musicale e abbracciano un’etica artigianale: cassette duplicabili, copertine disegnate a mano, testi che abbracciano il diritto alla libera condivisione. Dopo la partenza di Elliott, Newell prosegue il cammino da solo, circondandosi di amici occasionali, strumenti improvvisati e quella luce crepuscolare che illumina ogni sua produzione.
Il loro approccio anticipa in silenzio la rivoluzione lo-fi, e lascerà impronte invisibili nella musica indipendente degli anni a venire.
Midnight Cleaners si articola su due lati concettuali: il Pop Side e l’Art Side. Il primo raccoglie le melodie più cantabili, come Only a Shadow, un brano delicato e inquieto che si apre con una band vera, anziché le drum machine. Le chitarre sembrano danzare su un pavimento polveroso, in una stanza da tè dove gli echi di Johnny Marr si mescolano alle ombre. Corridor of Dreams è un sogno in bianco e nero, tra sax e synth che fluttuano come tende leggere in una casa affacciata sulla ferrovia. Wivenhoe Bells II è forse la pagina più poetica dell’album: un ritratto della cittadina natale di Newell, fatta di terrazze scolorite, campane stonate e ricordi che si intrecciano come l’edera sui muri di mattoni rosati. Qui Newell diventa il cronista delle piccole e preziose cose , il custode della nostalgia last minute.
Sul lato più sperimentale, Factory Boy e la title track Midnight Cleaners si addentrano in territori più liberi, tra spoken word, commenti sociali e improvvisazioni sonore. Qui l'universo poetico di Newell si fa più satirico e tagliente: l’operaio disilluso, la pubblicità che invade i sogni, la modernità che confonde e cancella.
Nonostante le limitazioni tecniche, l’album mantiene una coerenza sorprendente e una ricchezza narrativa rara. Riscoperto e rimasterizzato nel 2012 dalla Captured Tracks, conserva la sua fragile ribellione e l’odore stantio di quelle cassette vissute e con le cover disegnate a mano.
In un mondo che celebra il rumore, Midnight Cleaners è un sussurro che resta.
Ah dimenticavo, se a qualcuno dovesse capitare qualcosa di insolitamente bello, vivete quel momento ascoltando “ Wivenhoe Bells “.
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