E anche per i Dandy Warhols arriva il notevole traguardo della decima fatica in studio.
Battezzato “Distortland”, il disco arriva a quattro anni dal precedente (e non pienamente a fuoco) “This Machine”, segnando una piena e convincente ripartenza creativa per la band di Portland, Oregon. A partire dal sound, rinvigorito ed arricchito dalla particolare scelta di registrare l’album su di un registratore a cassette anni ’80 nello scantinato del frontman Courtney Taylor-Taylor, ed affidare il missaggio alle sapienti mani dell’affidabilissimo Jim Lowe, produttore che ha lavorato tra gli altri con Stereophonics e Kasabian.
Il primo estratto “All The Girls In London” con il suo Clash flavour potrebbe far pensare ad un ritorno al britpop tout-court dell’era “13 Tales From Urban Bohemia”, ma è una falsa pista. Anche se ci sono altri pezzi con le chitarre in evidenza, come nello scanzonato pop punk di “Pope Reverend Jim” o nel lineare secondo singolo “You Are Killing Me”, i Warhols optano per il solito approccio iper eclettico, stavolta (a differenza delle ultime due prove in studio) mantenendo alta l’asticella dell’ispirazione, e riuscendo nella non facile impresa di ottenere compattezza, sia nel sound che nella lunghezza della proposta (si viaggia sulla mezz’ora abbondante di runtime, senza riempitivi).
Nei primi due pezzi “Search Party” e “Semper Fidelis” si gioca molto sull’equilibrio tra sintetizzatori, chitarre e voce, tutti distorti a dovere ma senza esagerare. “Catcher In The Rye” è guidata dal basso e sfodera un bel sing along nel ritornello. Ma il momento migliore arriva con la superba “STYGGO”, per distacco il miglior brano partorito dai Dandy Warhols negli ultimi dieci anni: riprende l’andamento sghembo della vecchia (e strepitosa) hit “We Used To Be Friend”, riducendo tutto all’osso e lasciando che il basso e un refrain disarmante nella sua cristallina semplicità (con tanto di coretto) guidino il tutto. Superba. E con la successiva “Give” si passa ad un quieto brit per chitarra e voce, perfetto per spezzare il ritmo.
Chiudono “Doves”, con un bel cantato pericolosamente vicino al soul accompagna una languida parte di chitarra, ed il punk innaffiato nel lo-fi della minimale “The Grow Up Song”.
Per i Dandy Warhols questo “Distortland” è un po’ quello che gli americani chiamano “return to form”. Si sentono di nuovo unità di intenti, chiarezza di idee e finalmente di nuovo una certa compattezza di fondo, in miracoloso equilibrio con la solita urgenza artistica che porta i ragazzi di Portland a spaziare in libertà. Roba che non si sentiva da “Odditorium Or Warlords Of Mars”, davvero uno dei dischi più sottovalutati del decennio scorso in ambito alternative.
Miglior brano: STYGGO
Elenco e tracce
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