1997, Josh Homme fonda il circolo The Desert Sessions, attività ricreative per vecchi volponi stonati, con sede a Joshua Tree, California.

Lo scopo di questo progetto è semplicissimo. Divertirsi. Josh dentro questo primo calderone mette gente fidata: l'amicone John McBain, Fred Drake, Ben Shepherd (che in quel periodo non aveva nulla da fare), Dave Catching, il prezzemolo del deserto Pete Stahl ed i due batteristi figli di Kyuss Brant Bjork e Alfredo Hernandez. Ne esce fuori un disco che racchiude l'essenza della musica desert, un pò come "Above" dei Mad Season per il grunge, con la differenza che al posto di chiudere un ciclo ne apre un'altro, senza una fine, aperto a tutti...

Il lavoro è aperto e chiuso da due desert-preghiere, l'ultima rivolta alla storica etichetta Man's Ruin, in mezzo, si può comprende in pieno cosa vuol dire fare una jam session nel deserto, prima con "Girl Boy Tom", brano con uno splendido giro di basso ripetuto per quattro minuti accompagnato da chitarre e organetti vari che creano un'atmosfera quasi inquietante, anzi vista la dissolvenza in uscita e dopo "Monkey In The Middle" in entrata direi proprio inquietante. "Cowards Way Out" sembra la versione desertica di una qualsiasi Sabbath jam, in "Johnny The Boy" invece si sente tutta l'influenza di Brant Bjork in piedi e senza batteria. "Screamin' Eagle" è magnifica, immaginate di vedere un documentario sull'aquila reale, adesso immaginatela mentre vola attraverso un canyon, ecco, adesso levate i canti dei nativi americani e metteteci una schitarratata micidiale accompagnata da un canto che esprime libertà, fantastici spazi aperti, l'orizzonte, ecco, "Screamin' Eagle" è tutto questo. Rimangono la punta massima e minima del disco, "Robotic Lunch" non serviva, non è del genere, non c'entra, sembra venuta fuori per forza, si, è questa la punta minima, decisamente. La massima invece è "Cake (Who Shit On The?)", riffone di bassissima tonalità (accordatura Kyuss) ed un cantato aggressivissimo per circa due minuti e poi otto di delirio più totale, un giro di basso introduce la desert session madre, la prima, quella d'impatto, che lascia il segno indelebile nel tempo, la prima a cui pensi dopo che senti la parola desert.

Eh si, il rosso di Palm Desert la sa lunga, deve essere considerato come mostro sacro, ha creato due generi musicali, dobbiamo avere il coraggio di beatificare da subito chi contribuisce così tanto all'evoluzione della musica, ok tra vent'anni lo sarà, ma non è uno scandalo considerarlo sin da adesso, anzi, sin dal '92...

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