I diavoli sono tornati, sempre sotto le spoglie di Padre Gianni e Sorella Erica.

E sono tornati a portare ancora maggiore sconquasso tra le fila dei fedeli del blues in bassissima fedeltà.

Perché se «Sin, You Sinners!» faceva sobbalzare, «Iron Butt» è rumore bianco allo stato puro.

Melma, da dove emerge una illusoria parvenza di suono.

«Ch’almen l’ultimo pianto sia devoto, senza terrestre limo, come fu ’l primo non d’insania voto».

C’è l’insania e c’è il pianto, come ogni blues che si rispetti, non è il primo e non sarà l’ultimo.

C’è la devozione, ad Hound Dog Taylor, ai Cramps e agli Oblivians, trinità tutelare di una chiesa mai consacrata.

C’è la forma.

Sorella Erica in mini-tonaca di pelle nera rilucente, calze a rete e stivaloni sopra al ginocchio.

Stivaloni rosso-fuoco, di certo, pure se in bianco e nero.

Rossetto vistoso, intonato alla tonaca.

Occhialoni da sole appariscenti.

La sigaretta nella destra, il frustino nella sinistra.

È seduta in faccia a Padre Gianni.

Come Poison Ivy e Lux Interior dei tempi andati.

C’è la sostanza.

Dieci brani per nemmeno venti minuti.

Più che brani, brucianti accelerazioni dissolte nel breve volgere di un minuto; poche eccezioni, i movimenti meccanici della lancetta che abbattono quel muro temporale.

Il microfono spinto in gola, urla tra il selvatico e il gutturale, poco o niente decifrabile.

A parte i titoli stampigliati sulla copertina.

«Put Your Devil Into My Ass» è l’apertura e non serve andar oltre.

Oppure sì.

«Radio Maria Anthem», i devoti chiamati a raccolta.

«The People Suite», i Deviants, una dichiarazione di intenti, semmai gli intenti non fossero chari.

La si potesse definire “musica”, questo sarebbe un gran disco.

Che il blues sia con te.

Amen.

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