“Portamento” è più un disco di rimpianti che di gioia. Gioia perchè i Drums li troviamo dove li abbiamo lasciati, con la medesima leggerezza, una contagiosa ballabile voglia d’evasione in chiave revival. Rimpianti perché questo disco poteva essere un capolavoro nel suo genere, invece al cospetto di una prima metà d’album formidabile, al confronto la seconda è una raccolta di sessioni riciclate nella penosità indifferenziata.

Poco è cambiato in questi mesi che separano “Portamento” dal debutto, il chitarrista è stato sostituito perchè ritirato a vita privata, si è aggregato un altro componente, qua e là compare un timido sassofono e la personalità del cantante Jonathan Pierce s’afferma più netta che mai, senza di lui è chiaro, i Drums sarebbero un’altra storia.
Come detto, la partenza è delle migliori: “Book of Revelations” è l’inno all’amore ateo del nuovo millennio. “Days”, all’insegna del minimalismo, è caratterizzata da una rara profondità col suo andamento sghembo dettato dal basso. “What You Were” è a mio avviso la miglior cosa fatta sinora dai Drums: una disco-hit spruzzata di dark che si tramuta in puro ottimismo sonoro al ritornello. Con “Money” si continua a ballare, stavolta sul versante irriverente. “Hard to Love” è un altro picco della band: un romantic groove da casanova brillantinato dove basso sintetizzato, chitarre e synth si fondono a meraviglia con i trilli del cantato. Con “I Don’t Know How to Love”, ultima del lotto delle faville, i nostri piazzano un pezzo struggente da pianti infiniti di teenager nelle loro camerette.

Purtroppo qua i Drums frenano bruscamente e inseriscono la retromarcia: “Searching for Heaven” va preso per quello che è, un giro di synth insopportabile che gira su se stesso per 3 minuti. “Please Don’t Leave” è una lagna cacofonica irritante qualsiasi orifizio in grado di fagocitare onde sonore. “If he Likes it Let Hem do it” è il tentativo riuscito male di trasformarsi in goth. “I Need a Doctor” nonostante il godibile ritornello si perde nella sua lunghezza e stucca presto. “In The Cold” è un’altra lagna per di più stonata e depressa.

Con la chiusura orecchiabile ma nulla più di “How it Ended” i Drums riacquistano pudore musicale lasciandoci a bocca amara e con una domanda: sarà la prossima l’occasione per fare il colpaccio e divenire capostipiti di un pop revival che abbraccia vari gusti e stili musicali per conciliare fra loro tamarri, indiesnob e quaquaraqua che guardano solo mtv?

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