E' un atteggiamento tutto italico quello di esaltare, a volte oltre la realtà, le opere del Bel paese, indifferentemente che si parli di musica, cinema, letteratura, per non parlare dello sport. Una convenzione che è propria anche di altri paesi europei: coccolare ed esaltare un prodotto che ha il marchio del paese di origine, in uno strano slancio di patriottismo materialistico. E' il caso anche di "Second world", terzo lavoro in studio della band romana The Foreshadowing. Su questo disco, uscito nell'aprile scorso, si sono letti pareri entusiastici, fino ad elogiarlo come uno degli album più interessanti dell'ambito metal italiano degli ultimi anni. Esagerazione? In parte si.

La copertina ci dice già tutto con i suoi colori scuri e lo scenario apocalittico: la musica del sestetto romano è pesante, a tratti monolitica ma anche "leggera", divaga, corre e si richiude su se stessa. E' un gothic metal dalle tinte decadenti, che sfiora il doom per la lentezza e la portata evocativa di alcuni momenti, che fa l'occhiolino al prog alternativo e oscuro dei Tool, ma è soprattutto un dark rock profondamente influenzato dai maestri svedesi del genere: i Katatonia. La proposta ha quindi chiari rimandi ad altre band, ma almeno nei suoi caratteri essenziali presenta una certa personalità che permette a "Second world" di non cadere nella trappola del "già sentito".

Coordinate ed idee chiare: l'apertura, affidata ai sette minuti di "Havoc" è suggestiva, con i nostri che mostrano tutto il loro gusto per la ricerca delle atmosfere giuste, che esplodono nel drammatico e teatrale finale. Splendida nella sua assoluta semplicità è "Outcast", in cui si sente chiaro il richiamo dei Katatonia di "The great cold distance": nota di merito per il singer Marco Benevento, autore di una prova sofferta, a metà tra Jonas Renkse e Aaron Stainthorpe.

Chiari i rimandi e le influenze, ma bravi i TF a rielaborare tutto con maestria e un tocco personale. Il problema sorge nel momento in cui i pezzi sembrano non avere sbocco, come accade nella parte centrale del cd e nella conclusiva "Friends of pain": come se i nostri si guardassero allo specchio, in cerca di una scintilla, di un passaggio che possa aggiungere qualcosa al cd: insomma c'è un pizzico di manierismo di troppo in "Second world", ma questo non toglie nulla a pezzi di tutto rispetto come "Ground zero" e "Colonies".

Poco importa catalogarlo come doom, gothic, prog o metal in senso stretto: i The Foreshadowing hanno composto un cd valido, sentito e con delle soluzioni interessanti. Probabilmente non è il capolavoro che alcuni decantano, ma è certamente la dimostrazione di come anche l'Italia possa dire la sua in generi così di "nicchia".

Tre pallini e mezzo.

1. "Havoc" (7:13)
2. "Outcast" (4:51)
3. "The Forsaken Son" (4:34)
4. "Second World" (5:37)
5. "Aftermaths" (6:28)
6. "Ground Zero" (4:30)
7. "Reverie Is A Tyrant" (5:15)
8. "Colonies" (6:21)
9. "Noli Timere" (6:00)
10. "Friends Of Pain" (4:01)

Carico i commenti... con calma