Un bagno di sangue. Questo è "Catholic Priests Fuck Children", uscito nel '96 per Praxis Dr. Bearmann, tra i dischi più abrasivi degli inglesi Grey Wolves, mentori di quel death-industrial che annacqua, per cosi dire, la ferocia radicale della power-electronics, preferendovi sonorità marce, aspre, lente e droniche, più polverose dei massacri harsh-noise dritti al dunque che furono, tra tutti, del cannibale William Bennett, e che farà in seguito la fortuna di circoli ormai di riferimento quali Cold Meat, Tesco e Malignant.
Un movimento che potrebbe avere proprio in quest'opera il suo più degno manifesto. Un disco forse anacronistico, dal momento in cui la power-electronics porno-fascistoide è prettamente una questione anni ottanta, ma che riesce in ogni caso a centrare il bersaglio. Il bersaglio delle nostre orecchie, che vengono letteralmente stuprate da tutta una serie di raffiche noise, tornado di terrificanti droni distorti, dissonanze cicliche e meccaniche a spiegare ancora una volta il significato più astratto di industrial. Il tutto senza quasi mai esagerare o spingersi oltre.
Non il solito muro di rumore sparato a mille dunque, ma qualcosa che si colloca giusto a metà strada tra l'industrial mantrica dei Zoviet France, le asprezze targate Whitehouse e la forza evocativa del blackmetal norvegese (daltronde è proprio nell'Europa nordica che il death darà il suo meglio).
Si tratta di uno degli ultimi 'lampi' della già morente scena industrial. Occhio, però, a non rimanerci secchi.
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