Un cambio di line up in un gruppo è sempre un salto nel buio: non si sa mai se si atterrerà in piedi o se si prenderà una bella botta; comunque, qualcosa cambierà.
Per i The Human Abstract il cambio della voce ed il ritorno di Minette (Chitarra e piano) non hanno rappresentato una caduta; semmai l'ingresso in una stanza buia, illuminata con questo nuovo album.
E così si sentono le influenze classicheggianti e la perfetta combinazione di parti più dure ad altre più delicate.
La produzione è ottima ed il gruppo c'è: il risultato di questa somma si può scoprire solo gustandosi "Digital Veil".
Il disco inizia con una strumentale che rapisce: un arpeggio di chitarra classica che si evolve anticipando la potenza calibrata di tutto il loro lavoro. Subito parte "Complex Terms", fusione di chitarre e tastiera tenuta salda da un cantato in scream alternato al pulito; ottima qui la prova vocale. Seguono poi "Digital Veil" e "Faust", che mantengono il ritmo elevato senza privare i pezzi di momenti melodici più lenti, legati senza stonare.
E' quasi dolce "Antebellum" e più oscura "Holografic Sight", dove trova spazio un passaggio più disteso ed evocativo che, rinvigorendosi gradualmente, trascina direttamente dentro "Horizon To Zenith". Chiude "Patterns", un alternarsi di parti di chitarra rhythm e lead misurato e capace di ipnotizzare, facendo si che questo disco si spenga dolcemente così come è iniziato.
Magari ascoltandoli d'un fiato (tempo permettendo), questi 37 minuti di musica potranno rapire chi li ascolta, far rivivere situazioni passate e farne immaginare di nuove.
Forse riusciranno a far vedere i cinque californiani suonare e comporre questa perfetta colonna sonora per una tipica giornata di febbraio, anche quando febbraio non è.
Non resta che iniziare ad ascoltare.
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