Niente vortici alla Sonic Youth o minimalismi alla Slint. I Jesus Lizard, dopo le ceneri di Rapeman e Scratch Acid, si formano a Chicago nel 1988. L'insano squilibrio di David Yow e la serratissima ritmica garantita dal bassista David Sims e dal chitarrista Duane Denison creano una formazione da paura. Il fido Steve Albini produce tutti i loro album dal 1988 al 1994 (periodo d'oro della band) e il batterista Mac McNeilly entra nel gruppo con "Head", visto che agli albori si servivano della drum machine, stile Big Black.

Abbiamo l'esordio nel 1989 con l'assenza, appunto, di un batteria vera e propria, ma il bassista Sims ci "delizia" alquanto con la sua dissacrante opera, posta come copertina dell'EP. Il trio è pronto ed eccitato, (soprattuto Yow), nel vomitare un dannatissimo sound che sconvolgerà perfino Kurt Cobain. La band è una delle sue preferite (e ho sentito pure che amava troppo "Red" dei King Crimson..) e, così, in un tre minuti i Jesus Lizard entrano a far parte della grande e chiassosa scena americana.

I minuti ovvero dell'opener "Blockbuster". Lanciano per venti secondi un riff di basso striato di feedback e si viene a conoscenza subito della "voce" del "nuovo" David Yow. Si ha immediatamente la sensazione che sia un progetto "dark", quando si viene colti da questo pazzesco black hole sonoro. La chitarra sporca, stridula e dissonante è quella sonorità che sarà il marchio di fabbrica del colossale "Goat" e di tutto il resto della loro carriera. Lezione compresa in toto da un certo Capovilla e i suoi vari "dimensionali uomini teatrali"..l'8 gennaio uscirà l'esordio dei Bunuel (Capovilla, Valente, Iriondo ed Eugene Robinson degli Oxbow!..il primo singolo "This Love" è un panzer a mille)

Tornando a "Pure", ci affacciamo sulla seconda traccia: è già un capolavoro. "Bloody Mary", con il suo inizio zoppicante di drum machine, dove subito ci crogioliamo nella litania delle note di Denison, siamo di fronte alla vera espressione di Yow. Desolazione che esplode nel grido del ritornello e che viene soppressa tacitamente dallo sbiascicare pregno di paura di David. Due minuti di blackout, centoventi secondi di alta scuola per le generazioni future. Pause riflessive, tormenti ossessivi ed accenti frenetici. Una vita spesa in fretta che si smorza con la gelida "Rabid Pigs". Si danno spazio agli strumenti, si lasciano parlare le corde. Un rumorismo pittoresco però, niente di più espressivo, realistico.

Persiste tutto ciò con "Starlet", uno strumentale dove Yowe annaspa gracchi nel clamore più cieco. Si rimane fermi in questo brancolare nel buio, senza una meta e senza un Dio con l'agghiacciante nevrotico acquarello di "Happy Bunny Goes Fluff-Fluff Along".

Questo mondo apparentemente instabile e senza regole prenderà forma velocemente invece. Diventeranno un'istituzione con "Goat" e successivamente si autodistruggeranno a poco a poco. Perchè sono veri, stupidi, umani.

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