The Ladybug Transistor sono una esemplare rappresentazione del pop inteso come suono, che cerca di esplicitarsi con modalità tali da aggraziarsi l'ascoltatore, ma senza credere che colui il quale presta orecchio ai brani e li sa recepire ed apprezzare, sia per forza un deficiente a cui si può far sorbire qualsiasi porcata con un ritornello facile, quattro accordi elementari e una raffica di banalità spudoratamente commerciali.

E così abbiamo tracciato un profilo tanto della formazione di Brooklyn quanto di colui il quale potrebbe essere l'acquirente tipo di "Can't Wait Another Day", sesto lavoro, a oltre un decennio dall'inizio di carriera e a distanza di quattro anni dal precedente album omonimo.

The Ladybug Transistor adagiano le proprie composizioni su di un tessuto strumentale mutevole, che sa essere psichedelico e sognante, shoegaze delicato e indie rock, non trascurando la componente umbratile e malinconica e tenendo ben presenti almeno tre nomi che hanno fatto del saper scrivere grandissime canzoni una ragione di vita, ovvero Barry Adamson, Nick Cave e Piano Magic, dosando orchestrazioni, arrangiamenti di tastiera, strumenti a fiato, violoncello e hammond e amalgamando il tutto con basso, chitarra, batteria e voce.

Un disco raffinato, ma non costantemente ispirato e che rischia di non riuscire a fare breccia presso un pubblico per cui l'amore per la musica arriva dal profondo del cuore.

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