Rudy Trouvé è stato il primo chitarrista dei dEUS.
Ed è qui davanti a me: guarda il pubblico saltellando, e tagliuzza i nostri timpani con i suoi urletti noise (e a volte con una trombetta giocattolo). Completo gessato marrone, camicia verdeacido, sguardo folle.
Craig Ward è stato il secondo chitarrista dei dEUS.
Ed è qui davanti a me: guarda il soffitto, e masturba la sua chitarra sbattendola con calma ossessiva contro qualsiasi cosa gli capiti a tiro (asta del microfono, piatto, clarino, pianta, cucchiaino). Completo da ubriacone, camicia biancomacchia, sguardo folle.
Mauro Pawlowski è l'attuale chitarrista dei dEUS.
Ed è qui davanti a me: non guarda niente, e con fare ironicamente altezzoso si agita di brutto su un essenziale drum-set (cassa, hi-hat, tom, rullante, piatto). Completo dark, camicia neroindie, sguardo folle.
C'è anche Bert Lenaerts, che non so di chi sia stato il bassista ma dev'essere almeno altrettanto folle per assecondare quei tre, e tenere insieme il tutto quando loro (spesso e soprattutto volentieri) se ne vanno ognuno per conto proprio.
Io invece sono qui per caso (completo incompleto, camicia azzurra, sguardo Tullamore Dew) e non mi aspetto proprio nulla. Sono tre chitarristi dei dEUS, no, dico, tre menti creative tra le più fervide che conosca: anche se facessero solo il soundcheck (ehm...) sarei soddisfatto della serata fortunata.
E invece.
Esaltanti. Veramente folli. Ma non folli costruiti ed eccessivi - sai, siamo su un palco, facciamo spettacolo, ci dimeniamo un po'... no, sticazzi, questi sono davvero dei malati di mente.
Ne sono sicuro all'80% per Mauro, che a un certo punto in mezzo al fragore decide di alzarsi, andare al bancone di questo bar Libertad (saremo 50 in tutto), ordinare un cappuccino e tornare al suo posto a berselo con gusto, mentre gli altri - come se nulla fosse - continuano a fare il loro dovere (...).
Al 90% per Rudy, che a un certo punto, sempre mentre tagliuzza i nostri timpani, si fissa immobile per due minuti a guardare fuori dalla finestra senza apparente motivo, e poi sorride fra sé e sé.
Al 100% per Craig, che in mezzo al lungo cazzeggio in feedback+effetti di fine concerto, si china per smontare e raccogliere i suoi pedali e a un certo punto pensa "già che sono giù..." e si rannicchia a dormire in posizione fetale (la conferma assoluta qualche minuto dopo, quando risponde alle 5 domande che gli pongo per conto di un amico).
The Love Substitutes, dal vivo, improvvisano un rock folle, dissonante e composto, istintivo e lucido, brillante e poetico, schizofrenico e densissimo, distorto e dolcissimo.
Sono tre chitarristi dei dEUS, l'arte l'hanno dentro, anche quando si tratta solo di sfogarsi facendo un casino pazzesco di fronte a un pugno di belgi nuvolosi e a un italiano orgoglioso.
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