E il bimbo si accorse che il suo aquilone, per quanto in alto potesse volare, non avrebbe mai toccato la volta del cielo.

L’infanzia era finita e la maturità non ancora cominciata e le iridi del bimbo furono offuscate per la prima volta dalla cataratta della Ragionevolezza.

Pezzi che vivono nel limbo di un’età incerta, tra il cielo e la terra, sul filo della striscia autostradale che separa le carreggiate di un’opposta visione del mondo.

Sound soffice come zucchero filato e impalpabile come nuvole passeggere.

Armonie timide senza essere ingenue, ritmiche che si sciolgono in bocca e lievi tastiere sapor cannella giocano a rincorrersi con flauti dispettosi.

Aperture melodiche fresche e limpide come le cromature dei raggi del sole che trapassano bolle di sapone, come se le tessere color pastello dei Caravan componessero un puzzle-Pop di delicate immagini.

Monellerie calypso danno il cinque ad epopee fumetti-western, pizzicate di banjo si insinuano in galoppate Folk e silenzi pre-adolescenziali incrinano lentamente il vetro variopinto dal quale si osserva la vita.

E tutto è avvolto da una calda e rassicurante voce baritonale, a metà strada tra un Peter Pan troppo cresciuto e un bonario vecchietto di paese che racconta i suoi tempi davanti a un bicchiere di vino rosso.

Al bimbo non importa più quanto in alto possa volare l’aquilone, importa solo che possa volteggiare sprizzando speranze a volontà.

A metà strada tra la terra e il cielo, a metà strada tra l’infanzia e la maturità, su quella linea autostradale di cui non sospettiamo l’esistenza se non quando l’abbiamo oltrepassata per sempre.

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