E’ il quarto album del quartetto vocale californiano (1968), l’ultimo prima della separazione. Vi sarà poi un quinto ed ultimissimo disco, qualche anno dopo. frutto di un effimero tentativo di riconciliazione.

Questo disco è la rappresentazione ineluttabile di un sodalizio in difficoltà, relazionale ancor prima che artistica: perché Cass Elliot, quella sovrappeso, era innamorata di Denny, il tizio accanto a lei sulla destra; il quale però preferiva trombarsi Michelle, quella più in qua, più carina; però maritata con John, quest’altro a sinistra col baffetto da sparviero. E John se ne dispiaceva, anche se si stava allora negli anni dell’amore libero, e malgrado gli stessi Mama’s & Papa’s fossero da subito assurti ad alfieri musicali di quella contro cultura hippy che, fra le altre cose, predicava la coppia aperta.

Tanta è la crisi che il brano svettante fra i dodici, di gran lunga il migliore di quest’opera, è una cover. “Dream a Little Dream of Me” è un classico degli anni trenta(!), rilanciato alla grande e conosciutissimo solo e solamente grazie a questa versione. Molto del merito va alla Elliot: Mama Cass decide di interpretarlo in uno stile “throwaway”, quasi come lo stesse ancora imparando a cantare, spegnendo l’enfasi e la potenza proverbiali della sua intensa voce, e rilasciando un vocale quasi intimo. Par che canti col testo davanti, attenta a non perdere le parole. Arriva pure a fischiettare, verso la fine!

La melodia di questa canzone, resa in questo modo, è immortale, sublime, raccolta ma interessante e avvolgente dalla prima all’ultima nota. Per una volta, i compagni canterini fanno poco o niente intorno a lei, qualche mormorio discreto, qualche uuh e aah, nulla di quel putiferio di controcanti, contrappunti, armonie, unisoni che costellano e dinamicizzano solitamente i loro brani, rendendo la coralità dei Mama’s & Papa’s peculiare e celebre.

Per la cronaca, quei lupi della casa discografica ebbero la bella pensata di far uscire il brano come singolo, attribuendolo a “Mama Cass with the Mama’s & the Papa’s”, approfittando pure del fatto che i primi secondi della registrazione rivelano gli ultimi istanti in studio, prima che partano gli strumenti, e si sente distintamente il compare John Phillips introdurre “Mama Cass, che ci canterà questa amabile ballata…”. I tre si incazzano, e la bella pensata dei discografici è una buona maniera per far finire amicizia e sodalizio.

Poco di importante rivela il resto del disco. Qua e là le blasonate, fiammeggianti, articolate parti in coro o controcanto elevano la qualità delle pop song: diciamo in “For the Love of Ivy” e in “Gemini Childe”. Certo che Mama Cass Elliot e Michelle Phillips erano fatte per cantare insieme! Cass con una voce di contralto spessa e potente, Michelle con un timbro di mezzo soprano così radioso e chiaro da arricchire e illuminare i loro cantati in unisono, veramente impareggiabili.

Vi sono anche pezzi del tutto modesti: innanzitutto il prologo “The Right Somebody to Love” che non è manco una canzone, bensì quattro chiacchiere della Phillips sull’amore bla bla. Poi “Meditation Mama” che accoglie una rarissima sortita del marito John alla voce solista, a dimostrazione di come lui fosse il compositore, la mente del gruppo ma anche la voce meno dotata.

Ascoltare questi dischi vale sempre la pena, anche solo per assaporare i profumi di quell’epoca (seconda metà dei ’60) velleitaria ma incomparabile, ingenua ma creativa, disordinata ma vivificante.

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