I "The Mass" (da leggere "Them Ass") sono una strana band di Oakland. Non mi interessa alcunché classificarli. Li ho scoperti tramite un amico e non smetterò mai di ringraziarlo perchè non credo che ne potessi venire a conoscenza in altro modo.
In soli otto mesi hanno sfornato il loro precedente lavoro "City Of Dis" e questo "Perfect Picture Of Wisdom And Boldness" che è un perfezionamento di una formula base che sintetizza metal (oscuro), post-hardcore (progredito) e free jazz. Inoltre spuntano parti quasi post-rock e c'è un grande impegno nell'utilizzare la rarefazione come un elemento che costruisce tensione e dinamicità. Un calderone che però non crea confusione perchè composto ed eseguito con perizia tecnica ed intelligenza non comuni soprattutto all'interno di questi generi. Influenze vaste e varie quindi, ritenute spesso inconciliabili ma che danno vita ad una creatura magari ancora perfettibile ma spaventosa nel suo essere più evoluta del normale. Sentite che dice Matt Waters cantante e sassofonista (!!):
"Il disco doveva essere rumoroso, ma a tratti delicato. Duro ma anche capace di essere quieto. Doveva essere un'esperienza con al proprio interno molte cose diverse che la maggior parte della gente ritiene in contrasto insanabile. Secondo me ci siamo riusciti.".
Cazzo se è vero, magari un po'presuntuoso il ragazzo, ma cazzo se ci sono riusciti. Una sola chitarra (Tom O'Donnel), una batteria (Tyler Cox), un basso (Matthew Solberg), un sax ed una voce tirata che rimanda a certa scuola post-hardcore. Null'altro. Nessuna e dico nessuna sovraincisione, nessun utilizzo di qualsivoglia stranezza digitale (sempre il cantante: "Evitiamo di far passare anche un solo secondo della nostra musica attraverso un computer. È tutto analogico. Fanculo ai computer.") e udite udite registrazione dell'album in presa diretta!! Otto brani per cui ho oramai un amore totale. Poco più di 60 minuti di pesanti strati metallici fusi dentro giri prog che si sfilacciano in lente e sorprendenti aperture melodiche (l'iniziale "This is your final dream"), riff concatenati a spirale squarciati da un sax dolente e tenebroso ("Cloven head"), free-jazz che sfumano in marziali progressioni di tromba e sax ("Corpseweilder"). E ancora maestosi paesaggi sonori decandenti e malati come quelli creati nella super-psichedelica "Meditation on the same carcass", sghembi talking-jazz sinusoidali che si trasformano in sfuriate che possono ricordare i migliori High On Fire ("Ride of juns" e "Little climbers of nifelheim"). Chiude in bellezza "The bringer" un seme bastardo tra Van Der Graaf Generator e Saint Vitus. Provate ad immaginare.....
Insomma se ancora non l'ho fatto capire quest'album (che per quanto mi riguarda è vicino ad essere l'album metal del 2005) merita un ascolto (anche più di uno a dir la verità!). E non solo dai fan del metal o del post-hardcore ma da qualsiasi persona a cui piace accostarsi ad un lavoro di sua natura plumbeo ed oscuro ma che è lontano anni luce dall'essere un prodotto derivativo, scadente, o il signore ce ne scampi noioso. È secondo me una via al metal ancora relativamente poco sfruttata e passibile di nuove interessanti derive. I "The Mass" hanno fatto uscire fino ad ora due album (i loro primi due!) incredibilmente uno più bello e spiazzante dell'altro. Diventeranno (spero!) enormi, per ora sono solo grandi.
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