Al di là del loro oggettivo valore, certi dischi mi rimangono impressi per la vita, mettendo in sequenza brani di una bellezza difficile da descrivere: vale per «Johnny Was» ed «Alternative Ulster» nell'esordio degli Stiff Little Fingers, o per «Safe European Home», «English Civil War» e «Tommy Gun», formidabile trittico iniziale del secondo album dei Clash, ed ognuno di voi, care DeBaseriane e cari DeBaseriani sicuramente potrà dire la sua al riguardo (anzi, vi invito a farlo).

Il discorso vale anche per «How Green Is The Valley» dei The Men They Couldn't Hang, il cui lato B è impreziosito da due brani semplicemente strepitosi, il folk a rotta di collo «Going Back To Coventry» e la straordinaria «Shirt Of Blue».

Ma partiamo dall'inizio ...

The Men They Couldn't Hang (per inciso, che bel nome per un gruppo) si costituiscono nei primi Ottanta, per iniziativa di Stefan Cush e Philip "Swill" Odgers (voci e chitarre), Paul Simmonds (chitarra), Shanne Bradley (basso) e Jon Odgers (batteria); tipi che, musicalmente parlando, non è che abbiano l'ambizione di rivoluzionare gli spartiti ma le loro poche e semplici idee sono ben decisi ad affermarle in modo chiaro e netto.

Stilisticamente orientati verso la tradizione folk, con frequenti incursioni in territori rock classici (si parla addirittura di gaelic punk, all'epoca), i Nostri appaiono a prima vista un bizzarro incrocio tra i Pogues e i Long Ryders, come dimostrano nel loro esordio del 1985 «Night Of A Thousand Candles», in brani esemplificativi quali «The Green Fields Of France» (e se chiudi gli occhi, si materializzano Shane McGowan e soci alle prese con «And The Band Played Waltzing Matilda») e «A Night To Remember», il tutto frammisto ad accenni garage e rockabilly. Ne viene fuori un ottimo album, brillante ed estremamente vario, ma tutt'altro che disomogeneo.

Passa un anno ed arriva «How Green Is The Valley», sicuramente meno frizzante rispetto all'esordio, ma preferibile per compattezza di suoni e chiarezza di intenti: in altri termini, l'album della maturità e della consapevolezza.

Oltre alle già citate «Going Back To Coventry» e «Shirt Of Blue», meritano una menzione la ballata acustica «Parted From You», la spedita «Dancing On The Pier» e particolarmente l'atipica «Ghosts Of Cable Street» con la comparsa dei fiati a tinteggiare di soul il pezzo.

Ma la forza di «Going Back To Coventry» e «Shirt Of Blue» travolge tutto il resto.

È forza fisica ed irrazionale quella che anima «Going Back To Coventry», folk-punk (o meglio, punk-folk) al suo apice; forza che ti spinge a saltare ed urlare a squarciagola per i tre minuti del pezzo, e che, come insegna il buon Finardi, «... ti vibra nelle ossa, ti entra nella pelle, ti dice di uscire, ti urla di cambiare, di mollare le menate e di metterti a lottare ...».

È forza puramente emotiva quella che pervade «Shirt Of Blue», splendida ballata che rievoca lo sciopero dei minatori britannici dell'Unione Nazionale dei Minatori di Arthur Scargill tra il marzo 1984 e il marzo 1985, attraverso l'immaginaria vicenda di due uomini che si ritrovano l'uno tra i manifestanti, l'altro tra i militari incaricati della repressione, dopo un'infanzia ed un'adolescenza condivise dalla stessa parte della vita.

Per me, l'unico commento possibile è che Billy Bragg non avrebbe saputo fare meglio ...

Anzi, pure che se «Going Back To Coventry» e «Shirt Of Blue» fossero usciti come lati A e B di uno stesso 45 giri ... bèh quello sarebbe stato uno dei più grandi singoli degli anni '80.

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