I Nomads, fondati nel 1981 a Sölna, sobborgo di Stoccolma, da Hans Östlund, Nick Vahlberg, Joakim Tärnström e Ed Johnson - tutt’ora in attività - sono gli antesignani del garage rock revival svedese, di cui interpretano, però, una versione apocrifa, esplosiva e sfrontata in cui allignano MC5, Stooges, New York Dolls, Sonics, Roky Erikson, Gun Club, Cramps, Bo Diddley, solo per citare i riferimenti più evidenti.
Hardware, pubblicato nel 1987, dopo due eccellenti mini - Where The Wolf Bane Blooms (1983) e Temptation Plays Double (1984), che navigano a vista tra molte cover e pochi brani originali - è il primo LP della band svedese, animato dal sacro fuoco della giovinezza e dell’amore per il rock’n’roll vigoroso, genuino e sanguigno in cui si fondono garage punk americano degli anni ’60 e ’70, rockabilly ed hard rock, come ben dimostrano i sei brani originali e le cinque cover che infiammano i solchi di questo vinile.
L’apertura è affidata all’incendiaria “Call Off Your dogs”, scritta per i Nomads niente meno che da Jeffrey Lee Pierce e Peter Case. Chitarre fuzzy scatenate che imperversano su una base ritmica tellurica e su un refrain leggendario. “Jungle Fever” di Charlie Feathers e “Swamp Gal” di Tommy Bell sono voodoobilly anfetaminici e paludosi, che ci conducono nei malsani territori dei Cramps, mentre l’irresistibile boogie di “Move It On Over” di Del Shannon chiude l’album in una sarabanda indiavolata di strumenti fumanti.
“Surfin' In The Bars”, “(I Can't Use) The Stuff I Used To Use” e “Check Your Backdoor”sono, invece, i migliori momenti autografi, suonate come se Stooges e MC5 avessero deciso di prendersi una vacanza e di lasciare la plumbea Detroit per andare a fare surf su qualche spiaggia californiana o, meglio ancora, sul Reef australiano, tra chitarre distorte ed energia a profusione.
Hardware non è una pietra miliare ma è un grande disco di R’n’R in cui si percepisce il colare del sudore e lo sfrigolare degli strumenti. Un album imprescindibile della mia discoteca, poiché con il suo garage rock impuro, misto al punk settantasettino ed al power pop australiano degli anni ’80, genera un travolgente concentrato di vitalità di cui possono beneficiare padiglioni auricolari, fegato e spirito.
Meglio dell’amaro medicinale Giuliani.
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IlConte
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14 ott 23imasoulman
14 ott 23così li recensisci e possiamo dire di aver finito l'album
Rowland
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14 ott 23Annette
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14 ott 23si faccia avanti, questo signor Qualcuno !
macmaranza
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17 ott 23