PLAY LOUD! E' la sola avvertenza che sento di darvi per l'ascolto di questo disco, magari fatevi prestare le JBL di 300 watt dall'amico fricchettone convinto che brit pop sia una nuova marca di salatini e aspettate che il resto della famiglia vada a far visita alla nonna nel bosco di Cappuccetto Rosso. Spostate il vaso cinese e preparatevi a pogare nel salotto ricordandovi di togliere le scarpe prima di saltare sul divano buono.

Perché io non ho mai vista riversata tanta energia live in un album di studio. E chi lo poteva fare se non un trio australiano, gente dura abituata a mangiare canguri e IGUANA. Già c'è sempre santo Iggy nel cuore dei kiwi, magari assieme ai terroristi sonori MC5 di "Kick Out the Jams" e una ferocia nel cantare da far rimpicciolire Lemmy dei Motorhead.

Nel 1996 il power trio di Melbourne sforna il secondo disco sull'abbrivio del singolo apripista "The Supernova That Never Quits". Ed è devastazione assoluta nelle dieci tracce spaccatimpani che ti sorprendono come se al gong del primo round Myke Tyson ti avesse subito mollato una scarica di ganci alla bocca dello stomaco tanto per gradire, e proseguisse per tutte e dieci le riprese giocando al gatto con il topo in modo di farti giungere fino alla fine dei tre minuti canonici del rock n'roll senza metterti subito knock out. E' un disco che ti spiazza subito per la sua violenza sonora ma poi con gli ascolti riesci ad apprezzare la bellezza di brani ultraveloci come "Tea Minds" in cui scorgi una certa vena psichedelica. Il segreto della bestia rock giace nella cruda voce del bassista Tim Hemensley e nel selvaggio riff di chitarra di John Nolan in "I wasn't born yesterday". Il mito di Detroit risorge nella abrasiva "One More War" e distingue i Powder Monkeys da altri formidabili adoratori aborigeni quali i Radio Birdman per l'assoluto muro sonoro innalzato da un motore ritmico tenuto costantemente al massimo dei giri. La doppietta iniziale "In the Doldrums" e "Insane Old Game" sono due molotov sonore sganciate sempre con la stessa tecnica: miccia corta con il breve attacco della batteria e poi la deflagrazione incendiaria per tre minuti e mezzo d'inferno.

Se Hemensley non fosse stato stroncato da un'overdose nel 2003, le Powder Monkeys oggi sarebbero sicuramente state le ultime bestie del rock in circolazione.

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