Fine anni '80. La New Wave è ormai acqua passata?

I Cure con "Disintegration" hanno fatto scalare le classifiche ad un genere di nicchia, portando una lugubre ninna nanna in testa alle classifiche di mezzo mondo, ma... tutti gli altri gruppi? Sono destinati finire nel dimenticatoio perché è passata una moda?

La risposta, naturalmente è NO! Assolutamente no!

Nel 2015 sappiamo tutti che il nostro genere preferito non è passato di moda, anzi, è più vivo che mai, ma forse no tutti sanno che, nascosto tra le uscite storiche che hanno contribuito a decretarne la lunga vita, esiste un certo album, di una band londinese chiamata "The Psychedelic Furs". Passò sotto traccia all'epoca, fu bistrattato dai fans di prima data della band stessa, perché troppo diverso, troppo sottotono rispetto ai primi due album. Sembrava quasi che la band volesse ricreare un feeling con i propi seguaci, ritrovare l'armonia che si era interrotta a causa del successo commerciale di quello splendido quarto album che fu "Mirror Moves", sotto la guida del singolo "Heaven" dal video spettacolare targato Tim Pope, nel 1984. Anno "funesto" (?) per il genere, che divenne mainstream grazie anche ad altri album come "The Head On The Door" dei Cure, a titolo esemplificativo, immortalato su Mtv, sempre da Tim Pope.

A 26 anni di distanza non posso perorare la causa dei detrattori - e mi sarei dissociato anche all'epoca - perché tutte le cose evolvono, non rimangono mai uguali a se stesse quando desiderano essere e rimanere genuine.

E così fanno le grandi band e questa è una grande band! Una delle migliori esperienze della storia della musica.

"Shine" alza il sipario con un gioco antitetico tra chitarra languida è basso tenebroso. Il tutto sorretto da un ritmo secco di batteria. Poi si inserisce la voce di Richard Butler, con il suo timbro profondo e quasi stonato che la rende unica, ed è capolavoro. Uno dei migliori incipit di tutta la discografia alternativa, tanto da giocarsela alla pari con "Plainsong" dei Cure.

La psichedelia di una malata "Entertain Me" introduce la canzone che da il titolo all'album: "Book Of Days". Una delle gemme più decadenti di tutta la New Wave.

L'energia di "Should God Forget" si infrange sulla viola romantica di "Torch" Il cui ritmo è dettato dalla chitarra acustica e sottolineato dalla narrazione da brividi di Richard Butler, che i questo pezzo supera se stesso, per poi esplodere nelle distorsioni finali, che la rendono unica e indispensabile. Ma è con "House" che gli Psychedelic Furs ricordano a tutti, detrattori inclusi, chi sono, insegnando una grossa lezione: non bisogna ripetersi per essere grandi.

Fu grazie a questo album, acquistato tra l'usato, che nel 2000 ho conosciuto i Furs! Grazie sentite per la Vostra arte.


Carico i commenti... con calma