Penso che una presentazione più eloquente come quella del nuovo album dei The Qemists non esista: un cuore bionico e il manifesto del "Suono dei Guerrieri", di certo è fuori luogo prepararsi ad ascoltare qualche saggio sulla metafisica o profonde analisi esistenziali. No seriamente, "unleash casino abbestia" sarebbe il sottotitolo ideale della nuova fatica del gruppo di producer inglesi, uscito tra l'altro dopo una gestazione travagliata di sei anni. Il background del team era d'altronde di tutto rispetto, con due album apprezzatissimi dal pubblico e che vedevano, tra le cose, la partecipazione del gruppo Enter Shikari. A ogni modo mi sono trovato di fronte a uno dei dischi più sinceri e diretti che abbia ascoltato negli ultimi anni, sottile come carta velina e caciarone come un esercito di hooligan allo stadio, una sorta di versione giocattolo a consumo istantaneao di techno metal, comunque già plasmata da Liam Howlett e i suoi Prodigy prima, convertita da gruppi come i Pendulum dopo. Da questi i Qemists recuperano proprio la ritmica drum and bass come una sorta di leitmotiv matrice, ma non mancano divagazioni rigorosamente adrenaliniche quanto squisitamente decerebrate.

Warrior Sound parte con l'immancabile intro epica, comunque breve e sbrigativa, c'è subito voglia di scatenare drum machine, chitarre e synth rave con The Jungle e linee rap che rimandano stilisticamente a Mike Shinoda e i Linkin Park dei primi tempi. Pochi minuti e si parte subito con una dnb frenetica mascherata con un abile artificio: l'effetto che il gruppo vuole ottenere è quello di una live performance, dove il batterista e i chitarristi si espirmono adattandosi ai dettami del genere, con rullate, pause e ripartenze scatenate. Niente di nuovo sotto il sole, sappiamo che si tratta di musica processata al computer, ma i riff di chitarre sono comunque validi e danno davvero la sensazione di una vera rockband. Dai Linkin Park però i Qemists non recuperano la parte più melodica e pseudo ballad ruffiane. Qui regna il casino incontrastato e New Design e No More ribadiscono il concetto amplificando la parte cantata, comunque un elemento portante del disco, senza rinunciare a ritornelli anche piuttosto catchy, ma la salsa è sempre rappresentata dall'amalgama furiosa di bassi, riff energici e ritmica dnb. Anger cambia per poco le carte in tavola, chiamando il frontman dei Crossfade per una collaborazione interessante: qui la struttura ritmica si adatta maggiromente a quella della formula rock, per un pezzo con chiare venature pop, essendo dotato anche di un vero e proprio (e accattivante) refrain. Rimane al suo posto l'energia generale di un gruppo di giovanissimi che sudano, urlano e fanno sudare gli astanti. Che meraviglia! Let it Burn accorcia ancora più le distanze con i Linkin Park di Hybrid Theory, è un techno pop rock estremamente accessibile, forse un filo datato ma inspiegabilmente piacevole, così come Requiem, che oltre a presentare le caratteristiche già note sfocia in un segmento di chitarre e bassi davvero esaltante, che non sfigurerebbe nell'intro di qualche videogioco popolare, un Need for Speed magari. La produzione è abile e sa quando premere i tasti giusti, le parti caricate sono quasi sempre azzeccate. Piuttosto deludente invece il pezzo strumentale che chiude l'album, Lick the Lid, mi ha lasciato piuttosto indifferente, quando poteva essere l'occasione per mostrare l'indubbia abilità produttiva del gruppo senza l'aiuto dei vari vocalist. Vabbè.

In sostanza Warrior Sound non è nulla di diverso di quanto sembra, un atto di sincerità quasi commovente di questi tempi. Un disco interamente votato al casino e privo di qualsiasi profondità o preccupazione, orecchiabile quanto sfrontatamente consapevole, è la colonna sonora ideale per una sessione al nostro videogioco preferito, o un qualche momento dove sentiamo l'irrefrenabile bisogno di esprimere il nostro lato più tamarro. Niente che non si sia mai sentito prima (anche meglio, ma anche più pretenzioso), niente in grado di cambiare il mondo, ma un disco che funziona quasi dall'inizio alla fine e che sa intrattenere l'ascoltatore, non male davvero.

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