«Ancora con la platea semivuota iniziano le ostilità i Rezillos, e se questa è tra le bands più nuove emerse ultimamente dalla new wave, allora è meglio mettersi a pregare.».

La platea era quella del Rainbow Theatre di Londra, il 31 dicembre 1977.

Quella notte erano calati in città i Ramones a ribadire che il punk era il loro pane quotidiano mentre le giovani leve, da Johnny Rotten a Joe Strummer a Dave Vanian, erano tutte lì, sotto a quel palco, con il naso all’insù nel tentativo di carpire il segreto, e cioè come fosse possibile sparare fuori tre dischi del genere nel breve volgere di un anno. Quel segreto non lo carpirono allora nè lo carpiranno mai, nè loro nè alcun altro.

Era il 31 dicembre ed al Rainbow stava per andare in scena la più eccitante tra le feste che si possano concepire.

I Ramones salirono sul palco poco dopo le 23.00 ed iniziarono a tramortire i presenti a furia di fulmicotone ed adrenalina, poi allo scoccare della mezzanotte fu la volta degli auguri e delle manifestazioni dei buoni propositi, siamo bravi ragazzi, sniffiamo colla e viviamo in famigliole felici, ma queste sono altre vicende.

Fatto sta che quella notte del 31 dicembre 1977 il Rainbow aprì i portoni al pubblico alle 21.00, due ore prima che salissero sul palco i Ramones, e quelle due ore, in un modo o nell’altro andavano pur riempite e bisognava trovare qualche gruppo disposto ad aprire la serata. I pezzi grossi non erano disponibili: i capoccioni della Sire chiesero ai capoccioni della Cbs e della Virgin, perfino a quelli della Stiff; macché, Clash, Pistols e Damned non ci pensavano proprio a salire sul palco per aprire l’esibizione dei Ramones, loro volevano solo essere tutti sotto al palco per vedere i Ramones e non ammisero distrazioni di sorta.

Rimanevano le seconde linee, massì i Generation X, quelli che ci cantava Billy Idol «È la terza volta che vedo i Generation X, e Billy saltella sempre allo stesso modo come un toro ottuso, profondamente in trance per la musica assordante e penetrante del suo chitarrista. La violenza aleggia ma non ti travolge, i Generation X sono in serata negativa.». I Generation X non ci pensarono un secondo e si fiondarono sul palco, e quando gli sarebbe più capitato di aprire per i Ramones un concerto che sarebbe stato sparato di filato nella leggenda? Ci videro giusto.

Joey, Johnny, Dee Dee e Tommy non furono granché impressionati da Billy e compagni, vedendoci giusto e lungo pure loro, ma fecero buon viso a cattivo gioco; però l’altro gruppo lo avrebbero scelto loro, senza discussioni, perché quello era il loro concerto. Scelsero i Rezillos, senza starci a pensar su neppure per un nanosecondo.

Perché i Rezillos erano dei fratelli, li avevano voluti loro alla Sire, vicini vicini, perchè in loro avevano scorto la medesima attitudine.

I Rezillos stavano sul cazzo a tutti. Erano punk ma come diamine si conciavano, e le creste, e gli spilloni, e le sigarette spente sul petto dov’erano? Erano punk ma come diamine si atteggiavano, cos’erano quelle mosse insensate, quasi infantili, esibite sul palco, cioè ma li avete visti sul palco Joe Strummer e Johnny Rotten? Erano punk ma come diamine suonavano, perché questi, i Rezillos, sapevano pure suonare, ma è uno scherzo o cosa?

Stavano sul cazzo a tutti, «... e se questa è tra le bands più nuove emerse ultimamente dalla new wave, allora è meglio mettersi a pregare.».

A me però i Rezillos piacciono un casino, sarà perché del punk prediligo l’aspetto più sfrenatamente ludico, (auto)ironico ed insensato, i Ramones e Nikky And The Corvettes, per intenderci. Ecco, i Rezillos stavano in quei dintorni.

A vederli sembravano un fumetto, ma non un fumetto in bianco e nero, piuttosto di quelli che esplodono di colori, come la copertina del loro primo lp «Can’t Stand The Rezillos», i Rezillos stanno sul cazzo a tutti, appunto; e se non un fumetto, allora il termine di paragone erano i telefilm di Batman e Robin, quelli anni Sessanta, con i boing, clang, smash che squarciavano il video di volta in volta. Che poi, le tenute che indossavano in scena, erano perfino più pacchiane di quelle di Batman e Robin, ed abbondavano sgargianti tinte verde e rosa scioccanti, per non dire dei pois giganti e dalle forme improbabili impressi sulle mises della cantante.

Bizzarri ed eccentrici, pure eccessivi, ma irresistibili.

Bizzarra ed eccentrica era anche la musica.

I Rezillos partirono come canonica banda di quattro elementi che piano piano si espansero fino ad otto, con tanto di sassofonista e due cantanti, Eugene Reynolds e Fay Fife; le canzoni le componeva praticamente tutte il chitarrista Jo Callis.

In questo disco d’esordio ce ne stanno dentro tredici; tredici canzoni dalle melodie inconfondibilmente pop suonate come fossero rock’n’roll aspri ed aggressivi, in altri termini pop-punk. Alcune assursero persino al rango di (minimi) classici del genere, e come non citare «Top Of The Pops», «I Can’t Stand My Baby» e quella meraviglia che è «(My Baby Does) Good Sculptures», le altre pur non avendo la statura del classico garantivano abbondanti dosi di divertimento e di nonsense e di pogo, tutto insieme, a partire da quella «Flying Saucer Attack» che apre l’lp.

L’attacco dei dischi volanti ... Per forza che stavano sul cazzo a tutti, i Rezillos; e se da un lato c’erano esagitati che sbraitavano di anarchia e dall’altro si inneggiava alla rissa bianca, loro erano accerchiati. E fu così che se ne fuggirono alla Sire dove c’erano i Ramones, che pure loro sembravano un fumetto - anzi ce li fecero pure i fumetti sui Ramones - e almeno ti pigliavano a calci in culo ma sempre con un sorriso, loro e pure tu che venivi calciato.

In quell’esordio, i Rezillos piazzarono pure tre cover; e passi per «Glad All Over» dei Dave Clark Five ed «I Like It» di Gerry And The Pacemakers, quelli erano pezzi beat, e beat e punk magari non erano fratelli, ma consaguinei almeno sì; però la chilometrica «Somebody’s Gonna Get Their Head Kicked In Tonight», quella proprio, non era ammissibile. Perché quello era un brano dei Fleetwood Mac,e va bene che lo scrissero nel 1969, ma allora era il 1977 e per un punk nel 1977 era meno atroce essere preso a calci nelle palle per una settimana ininterrottamente piuttosto che ascoltare un disco dei Fleetwood Mac, chessò tipo «Rumours». Che poi ne tirassero fuori una versione devastante, per i punk puri e duri quello era un dettaglio di second’ordine.

Ecco perché stavano sul cazzo a tutti i Rezillos.

Ben presto incominciarono a starsi sul cazzo vicendevolmente e finirono subito dopo l’uscita di questo loro ottimo, primo lp.

I Rezillos stavano sul cazzo pure a Claudio Sorge, che il 31 dicembre 1977 era al Rainbow di Londra e, di ritorno a casa, sulle pagine della fanzine «Teenage Lobotomy» consegnò ai posteri il suo giudizio e poi si inginocchiò a pregare.

Se quel giudizio lo abbia mutato in seguito non me ne frega nulla, perché a me i Rezillos mi sono sempre piaciuti un casino.

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