Manco mezz'ora di durata, ma una vera cascata di suoni garage potenti e ben fatti, con testi intriganti e mai banali. Questo è il sunto di questo disco del combo losangelino che corrisponde al nome Starvations.

Vengono dalla west-coast e fanno sentire tutta l'influenza di illustri predecessori del genere quali Gun Club o, per risalire ancora un po' la corrente, Stooges o MC5 (dell'area di Detroit, ma veri precursori del genere). Vantano alcuni altri lavori a loro carico gli Starvations, tra cui mini, un EP e un altro paio di album, ma è con "Gravity's A Bitch" che raggiungono l'obiettivo di sintetizzare lo stato dell'arte dell'indie garage, ma introducendo e riassemblando suoni tra il folk e il punk, (vedi le strumentazioni di armonica, fisarmonica e piano, che fanno molto country), che potremmo trovare familiari se associati ad un Mark E. Smith ed ai suoi The Fall o a qualche band irlandese degli anni '80, con uno spostamento geografico che ci fa finire senza timori anche nell'area post-punk del Vecchio Continente.

Il cantante Gabriel Hart ha una voce potente e incisiva e nell'urlo catartico dell'ultima canzone, in cui conclude gridando il titolo dell'album e della song stessa, rende l'idea della potenza ed immediatezza di questo disco.

Elenco tracce e video

01   The Rising Horizon ()

02   Purgatory ()

03   Lost at Sea ()

04   One Way to Remind ()

05   Dare You to Forget ()

06   Corner of My Eye ()

07   Where Was I? ()

08   The Empty Piano ()

09   Nightshade Sweats ()

10   This Poison ()

11   Gravity's a Bitch ()

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