Membri da lungo tempo dell’underground musicale italiano si incontrano per dare vita a un nuovo progetto.
“Unsavory Impurities” (2023) dei The Turin Horse non è un disco facile da capire e da ascoltare così come non lo erano le band da cui i musicisti provengono: Dead Elephant (Enrico Tauraso, voce e chitarra) e Morkobot (Alain Lapaglia, batteria) coadiuvati dal sax baritono di Alessandro Cartolari.
Album non di facile ascolto perché la carne messa al fuoco è tanta in questi 37 minuti e se all’inizio l’incedere è quello da panzer con un noise rock venato di sludge e mathcore con alla voce le urla sofferenti di Tauraso (“Sixty Millions Blues”, “The Regret Song”) e l’incipit è di matrice rumoristica come “The Maximum Effort for The Maximum Result”.
The Turin Horse ci presenta poi un affresco sonoro fatto di schitarrate violente, batteria martellante e vocals malsane e angoscianti perfettamente udibili in brani come “Blissed Out” e la corrosiva “Necessary Pain”. In “Birds Sings a Death Song” si torna a fare rumorismo cacofonico con l’aiuto dei samples, mentre in “The Light That Failed” si ricomincia a macinare stordente noise rock che nel finale aumenta a dismisura i decibel del frastuono. E’ una musica quella dei The Turin Horse fatta di dissonanze e un continuo alternarsi di furia cieca e ruminare frammenti di clangori metallici di puro sangue misto a sudore.
E ora veniamo alla parte più sperimentale del disco: “Where The Seed Can’t Take Root” è un brano dai connotati ambient dove abbiamo il cantato prima sommesso e poi man mano i samples rumoristici avanzano le urla di Tauraso non ci danno tregua con quei clangori metallici che non ci abbandonano, anzi si fanno sempre più presenti.
Allle ultime due tracce abbiamo la presenza come detto in precedenza del sax baritono di Alessandro Cartolari e la chilometrica (otto minuti e quarantotto secondi) “Hybris” è una colonna sonora a metà strada tra musica ambient e free-jazz con i tratti dipinti in maniera delicata e quasi smorzata rispetto alla sarabanda infernale che abbiamo udito nei pezzi precedenti. Si chiude con un pezzo catartico come “Tear Off The Stitches” dove il sax baritono prende forza e fa sue le scorribande in stile free-jazz più luciferine, mentre la batteria di Alain Lapaglia e la voce e chitarra di Enrico Tauraso ricominciano a menare hardcore dal piglio noise estremo con l’aiuto dei synth e dei samples, con un finale sussurato e dall’incedere rallentato. Si chiude così l’album e personalmente mi ritengo elettrizzato da un simile risultato. Per chi ha amato i Dead Elephant e i Morkobot, ma anche band italiane sperimentali come Zu e Mombu va sul sicuro e non posso che dire “dovete” ascoltare (quasi fosse una imposizione) questo esordio al fulmicotone dei The Turin Horse che con questo “Unsavory Impurities” hanno fatto davvero centro.
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