Tornano i Vaccines e lo fanno con un album che è il seguito naturale del disco d'esordio "What Did You Expect from the Vaccines?".
Dal titolo (in italiano raggiungimento della maggiore età) ti aspetteresti un disco meno cazzaro e power-pop rispetto al precedente e per certi versi lo è. Si parte con "No Hope" con un testo tipicamente inglese e stereotipicamente cinico, forse il miglior pezzo di questo lavoro. Si prosegue con "I Always Knew", con la chitarra supportata efficacemente da una sezione ritmica tipicamente post-punk. Il trio d'inizio si chiude con "Teenage Icon" che rimane in testa dal primo ascolto grazie ad un ritornello semplice e incisivo ("I'm no teenage icon/I'm no frankie avalon/I'm nobodys hero"). Dopo le prime tre tracce è lecito aspettarsi dei pezzi di minor tiro ed è così, tracce riempitive ("Bad Mood" su tutte) con il gruppo intento a lavorare di mestiere per allungare il brodo. Oltre ai riempitivi il gruppo appare eccessivamente derivativo in canzoni come "Weirdo", quasi una cover dei Pixies, e "All in Vain", troppo simile a "My Sweet Lord" di Harrison.
In conclusione il secondo disco dei Vaccines appare come un insieme di canzoni scialbe e in alcuni casi pedisseque. Per il terzo disco è logico aspettarsi un'evoluzione, che porti nuove idee a questi quattro ragazzotti londinesi.
Elenco e tracce
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Altre recensioni
Di definitelyalex
"Il secondo album è sempre il più difficile"
"Questo è senz'altro un album più maturo e ragionato con il rischio però di perdere la freschezza e l'immediatezza che avevano fatto la fortuna del loro album di debutto."
Di scummyman
Questo non è un brutto disco: è probabile che rimanga nel vostro iPod per un po' di tempo, il che già è un buon risultato.
I Vaccines fanno il passo più lungo della gamba, esplorando territori nei quali non sempre dimostrano di muoversi bene.
Di GabriAvella
«Era un periodo talmente produttivo che era da stupidi lasciarsi sfuggire l'occasione.»
«Come Of Age non regge il confronto con il folgorante predecessore, ma possiede canzoni che farebbero morire d'invidia il 90% dei gruppi odierni.»