Non sono uno che si fida troppo di tutta questa modernità che mi (ci) strozza ogni giorno di più. Non mi sento nemmeno troppo bene fra tutto questo progresso, ma poi che progresso è se il Berluska se ne sta ancora a Roma e ha ancora il diritto alla parola?

Sarà che non ho mai particolarmente amato quella piccola scatoletta bianca che è l'iPod.
Sarà che di un disco rigido pieno di file mp3 non saprei che farmene.
Sarà che se io non ho davanti a me il disco che sto ascoltando, mi sembra di stare a perdere tempo. Sono fatto così: se riesco a trovarlo in vinile, finisco direttamente fra le nuvole. Se va male, al massimo mi faccio fare una copia su un compact disc (quanto lo odio, però, questo piccolo pezzo di plastica) da qualche amico che poi metto su cassetta.

A volte mi sveglio la mattina con un mal di testa tremendo e troppi rewind da premere. Mi gira per davvero, la testa, manco fosse una bobina. Lato A, lato B. Una bella cassetta di 90 minuti, 45 per lato, su cui avevo registrato Unknown Pleasures, e dall'altra parte il White Light/White Heat dei Velvet. Ero innamorato di quella cassetta, mi aveva accompagnato dappertutto, Waldo Jeffers pure al cesso.

Ma, come tutte le cose a cui tieni, è andata perduta.

Sento il bisogno di risalire le scale polverose che mi portano in soffitta ogni qual volta ho bisogno di rituffarmi nel passato, un po' come Machiavelli che dopo aver bevuto e giocato a carte in osteria si va a leggere Dante o qualche autore latino a lui caro.

Negli scatoloni ho trovato ciò che stavo cercando inconsapevolmente: un live del '67 di Reed e soci, che avevo preso nel 2008 in un mercato a Barcellona. Una copia in vinile. Mai visto prima, 'sto bootleg. Ascoltato. Non ricordavo niente.

Tornai giù, misi sul piatto il benedetto LP, e cominciò I'm Not A Young Man Anymore:

Hey, I'm not a young man anymore
Hey, I'm not a young man anymore
I got five nickles in my pocket
You know that I can get me some more


Acidi. Sarebbe stato bello vedere le faccie del pubblico, a Monterey nel '67 erano tutte sconvolte, ma quando i Velvet facevano partire The Black Angel's Death Song, che succedeva? Purtroppo non c'è una versione della canzone qui, ma per compensare c'è il debutto di Sister Ray...

Reed sussurra, grida, sbraita, la Tucker compie il miracolo di far passare inosservata la sua tecnica da schifo in cambio di una carica primitiva e malata, Cale è superbo, vero fautore del suono dei Velvet. Morrison non si sente proprio, o quasi. Una Run Run Run tirata a 6 minuti che ti venir voglia di tornare nel '67 ed entrare a far parte della schiera dei 100 che comprò il The Velvet Underground & Nico.

Beh, ma queste cose mica si chiamano experimental, post, punk, menate varie: è puro Rock and Roll. Leggetevi questa recensione, e capirete.

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