Nel 2005 Andrew Liles (già collaboratore dei Nurse With Wound) e Tony Wakeford (mente dell'ensemble neofolk Sol Invictus) donavano vita ai The Wardrobe, un progetto di ambient avanguardista venato da arpeggi chitarristici; regnava però sulle undici tracce dell'esordio un senso di dilatata incompiutezza, di proterva estensione senza un vero fine, una vera quadratura. Era un buon album, ma dispersivo e chiacchierone e non privo di momenti imbarazzanti, così che, nel valutarlo, esprimevamo la speranza di una crescita futura della collaborazione, già sapendo che esisteva un secondo album, appunto il presente.
E' ormai evidente come questa speranza sia infranta, su tutti i fronti: "A Sandwich Short" è ancora più approssimativo, estenuante, episodico del suo predecessore, di cui sacrifica la discreta coesione in una serie di episodi isolati che non sembrano sviluppare mai un discorso musicale concreto o conclusivo, ma si limitano ad una allusiva autoreferenzialità e si spengono senza lasciare nell'ascoltatore un'impressione precisa. Fatta eccezione per alcuni sprazzi melodici (Wednesday) che riprendono le parti più sonnolente del precedente lavoro, si tratta di quadretti sonori deturpati da sonorità elettroniche entropiche e tese, lasciati allo stato di pura bozza o, addirittura, di raffazzonato polpettone semi-improvvisato (In Defence of Shoplifting), così che si arriva a domandarsi quanto tempo sia effettivamente servito a concepire (?) e realizzare un album del genere.
I richiami al disco del 1992 di Wakeford e Steven Stapleton (NWW) sono ancora più forti qui: viene "ripresa" la bella "Lucifer Before Sunrise", ma in una versione recitata da voce femminile, e l'atmosfera di "Another Drink?" riporta ad analoghi intermezzi di quell'album; tuttavia qui sembra che Liles si pieghi, forse per pigrizia, al bambinesco concetto di "avanguardia" propugnato dal corpulento Wakeford, ovvero ad una musica insensata ed impiastricciata di pochissime idee sonore e melodiche, che si bea di semplici e tediosi quadretti da affidare all'atmosfera generale dell'album, anch'essa sempre più generica e del tutto insufficiente a sostenere un progetto senza capo né coda.
4/10
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