La band del rosso crinito Ginger ha subito una miriade di cambi di line-up nel corso degli anni da quando fu fondata nell'ormai lontano 1990.

In essa sono passati, a volte solo il tempo di alcuni live shows, gente dei Dogs D'amour, Honeycrack e addirittura un Devin Townsend pre-Strapping Young Led.

In questo album di metà carriera esatta troviamo il rientro alla base del chitarrista originale C.J. e del drummer Stidi.

I tre sono andati in un paesino inglese di 3000 anime (Alford nel Lincolnshire), hanno ripetutamente saccheggiato il negozio di liquori locale, tanto da dedicare poi l'album al titolare dello stesso (trovato morto d'infarto una mattina dai suoi familiari) e hanno registrato undici canzoni fatte di quel solito rock ora grezzo e metallizzato, ora da classifica tipico da sempre della scrittura di Ginger.

Per un pò le cose reggono anche, grazie ad alcune "quasi" hit come "Only Love" e "One love, One Life, One Girl" e a qualche scheggia negli occhi come "Nexus Icon", ma, finita ben presto la vena beatlesiana da una parte e quella aggressiva e marziale dall'altra (vedi "Vanilla Radio"),a metà album prende forma una lunga serie di tracce piatte, indistinguibili e inutilmente orecchiabili.

Sembra di ascoltare dei Blink 182 d'Albione nella forma peggiore, e questa non è certo cosa buona e giusta per degli animali come i Wildhearts che hanno fatto della follia, del rock e della trasgressione il marchio a fuoco della loro carriera.

Ma tant'è...bastava un Ep e il giudizio come spesso accade per gli album riusciti a metà sarebbe stato diverso.

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